Soundscapes: che cosa sono? Paesaggi sonori. È questa la traduzione italiana di un’espressione che fonde landscape (= paesaggio) e sound (= suono). Il termine è stato introdotto per la prima volta dal compositore canadese Raymod Murray Schafer per indicare l’ambiente sonoro in cui siamo immersi, così come lo percepiamo interagendo con gli altri e con ciò che ci circonda. I soundscapes contribuiscono a definire un luogo, ne sono un elemento distintivo e identitario. Dovrebbero essere al centro dell’attenzione di ogni viaggiatore – assieme ai profumi e ai sapori di un paese – eppure spesso ci sfuggono.
Dite la verità, in viaggio vi siete mai soffermati ad ascoltare i suoni di un posto con la stessa attenzione con cui vi soffermate sui suoi monumenti? E sapreste distinguere una città dall’altra solo sulla base delle caratteristiche sonore? A volte accade, certo. Quando i suoni sono molto diversi da quelli a cui siamo abituati. Ma molto più spesso la dimensione sonora passa in secondo piano. È un vizio dell’Occidente che, con la diffusione della stampa e ancor di più dei video, ha reso la vista preponderante su tutti gli altri sensi. Penalizzando di fatto la capacità di ascoltare l’ambiente o l’utilizzo dei suoni come sistema di orientamento.
Ma ci si può allenare.
Se chiudiamo gli occhi ci accorgiamo che il silenzio non è mai veramente tale e ci racconta tante cose. Pur senza mostrarle. Il lontano vocio di un televisore mi dice che mio marito è ancora sveglio. Il rullio meccanico della saracinesca mi racconta che il bar all’angolo ha chiuso. E poi c’è il traffico che è un rumore a cui sono così abituata che quasi non lo sento. Certo, per cogliere un ambiente sonoro nella sua complessità bisogna prestare attenzione. E noi non sempre lo facciamo.

Soundscape e memoria
Eppure non si può conoscere veramente un luogo se non se ne afferrano i suoni. Anch’essi fanno parte della sua estetica e contribuiscono a radicarlo nella nostra memoria profonda.
Così come un profumo o un sapore, anche i suoni hanno la funzione proustiana di ripescare ricordi lontanissimi e nascosti sotto la sfera della coscienza. Il suono di un fischietto tipico, per esempio, è per mio marito capace di richiamare alla mente remoti giorni d’infanzia trascorsi sulle strade del paese vecchio. Il delicato trillo bitonale ha per lui un potere rievocativo forte che radica il fischietto a un posto e a un tempo preciso. E ciò gli piace tantissimo.
E allora ci domandiamo che suono ha la provincia italiana? Anzi che suono hanno le 107 province d’Italia?
Ci viene in mente una canzone di qualche tempo fa di Zucchero Fornaciari che si chiamava “Il suono della domenica”. Era anche il titolo della sua autobiografia e raccontava della provincia emiliana in cui il cantante era cresciuto. Nella sua memoria le campagne padane erano prima di tutto un insieme di voci, di campane, di fruscii, di belati. Insomma, un paesaggio acustico e al contempo un paesaggio memoriale. Soundscape e Memoryscape. Quanta ricchezza, non trovate?
L’esistenza umana è altamente sonora. I soundscapes connotano i luoghi ma anche le epoche. Il paesaggio sonoro contemporaneo, infatti, è completamente diverso da quello del Diciannovesimo secolo o di altre epoche ancora. Non siamo più abituati a sentire lo scalpiccio degli zoccoli lungo le strade o lo schioccare di una frusta, mentre non facciamo più caso al rombo dei motori. Immaginate cosa accadrebbe se catapultassimo per le nostre strade un’elegante signora di età vittoriana. Probabilmente resterebbe paralizzata anche per i rumori assordanti.
Soundscapes vs inquinamento acustico e omologazione
Purtroppo la complessità dei paesaggi sonori rischia oggi di essere compromessa dall’inquinamento acustico che non solo produce rumore, ma anche omologazione. Vediamo insieme perché.
Tutti abbiamo sperimentato quanto possa essere fastidioso un rumore persistente nei luoghi di lavoro o di notte quando dobbiamo dormire. Per questo sono numerosi gli studi e i tentativi di misurazione dell’inquinamento acustico. Si cerca di limitarlo. Minori sono invece le ricerche sulla qualità acustica delle città. Sebbene già negli anni Sessanta Raymod Murray Schafer avesse condotto un progetto – il World Soundscape Project – allo scopo di promuovere una sorta di ecologia del suono.
In ogni paesaggio sonoro per lui sono individuabili: tonica, segnali e impronte sonore.
- La tonica è uno sfondo sonoro che viene percepito di continuo e che perciò potrebbe sfuggire alla nostra coscienza.
- I segnali sono suoni che s’impongono con violenza e allarme alla nostra attenzione: un campanello, una sirena, un allarme. Li percepiamo immediatamente e ci mettono in allerta come richiami di possibile pericolo.
- Le impronte sonore sono la specificità di un ambiente, la mescolanza di suoni e rumori, ciò che lo rende unico e diverso da tutti gli altri. Una volta individuate bisogna preservarle e proteggerle.
E invece sta accadendo proprio il contrario. Il traffico automobilistico, i rumori meccanici dell’industria e della tecnologia hanno fagocitato tutti gli altri suoni, naturali e antropici. E hanno reso il paesaggio sonoro urbano omologato. E sempre uguale in ogni stagione. Così anche tra città lontanissime e molto diverse non si percepiscano più distinzioni.

Lo sforzo degli studiosi dei soundscapes (musicisti, studiosi di acustica, geografi, architetti) è perciò rivolto a una nuova disciplina, il sound design. Il suo scopo è migliorare la qualità estetica di un ambiente acustico salvaguardando le sue impronte sonore. E quindi la sua specificità.
Soundscapes: il turismo acustico di Cox
L’ingegnere del suono Trevor Cox, professore dell’Università di Salford, ha fatto poi dei paesaggi sonori la sua passione. E ha promosso un esperimento affascinante di turismo acustico.
Cioè?
Cox ha iniziato a viaggiare in compagnia di un dittafono allo scopo di registrare il suono delle meraviglie del mondo. Dai grandi monumenti ai luoghi meno noti, tutto è confluito in una vera e propria mappa interattiva. Ad ogni luogo corrisponde un paesaggio sonoro che è possibile ascoltare. Per l’Italia sono stati mappati solo L’orecchio di Dionisio nelle latomie siracusane e il Battistero di Pisa. E no, la provincia non c’è. Ma l’input è stato lanciato e chissà che con il tempo qualcuno non decida di seguirne l’esempio registrando i soundscapes d’Italia.
Intanto è possibile consultare il suo ricchissimo sito The sound Blog (è in inglese) dove confluiscono riflessioni, registrazioni e il resoconto dei suoi viaggi.
E in Italia? Turismo acustico nei cammini pugliesi
Leggendo l’esperimento di Trevor Cox ci siamo domandati se anche in Italia si possa parlare in qualche modo di turismo acustico. Esistono itinerari che valorizzino la dimensione sonora?
Ci siamo risposti che l’esperienza del turismo lento immersivo – cammini, pellegrinaggi, visita di borghi e parchi – favorisce la valorizzazione di questo aspetto. Spesso lasciato al caso e alla sensibilità del viaggiatore, spesso programmato. Noi, per esempio, abbiamo affrontato il Percorso delle Sette Pietre tra Castelmezzano e Pietrapertosa. Qui, alla suggestione dei luoghi, si aggiunge quella esercitata da registrazioni sonore in corrispondenza di alcuni monoliti.
Anche le diverse proposte di escursionismo in Puglia rispondono bene alle esigenze di un possibile turismo acustico. Il Cammino Materano, e in particolare la Via Peuceta, consente di immergersi nel mare di fruscii dell’Altopiano delle Murge col lino delle fate che ondeggia nel vento. Nelle solitudini di queste brughiere infatti il vento stesso ha una voce secca, di stoppie, inframmezzata al verso, simile a uno squittio, del falco grillaio.
Il Cammino del Salento fra i fiordi della costa che conduce al Santuario di Santa Maria di Leuca ci pone invece in ascolto dello sciabordare delle onde e dei gabbiani. O, a volersi intrufolare in una specchia, di quel silenzio carico di trapestii, scricchiolii ed echi che raccontano il mondo dei pastori e della campagna meridionale.
Infine sul Cammino dell’Arcangelo, nella brulla vegetazione del Gargano, sarà possibile ascoltare le impronte sonore degli antichi tratturi: i versi di moltissimi rapaci, il frusciare del vento sulle colline coltivate a frumento. E infine le campane dolci che annunciano il Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo, meta del percorso.
E si potrebbe continuare con numerosi altri esempi dal resto dell’Italia. Ma qui tocca a voi.
Conclusioni mon amour
E no, non possiamo continuare a viaggiare solo con gli occhi. Un’esperienza completa e profonda pone di necessità il turista di fronte a paesaggi olfattivi (di cui abbiamo parlato in un altro post) e paesaggi sonori.
E anche la nostra quotidianità, in fondo, può essere vissuta con una maggiore consapevolezza della dimensione acustica. Del resto è entusiasmante riuscire a ricostruire la colonna sonora di tutta la nostra esistenza. Dei viaggi che abbiamo fatto e dei luoghi che abbiamo abitato. E trovare le differenze. Perché uno spazio acustico è per sua natura effimero e dinamico. E ciò che vale oggi non sarà lo stesso domani ed è già diversissimo da ieri.
Quando ero bambina nella mia cittadina si sentivano le sirene che annunciavano il cambio turno al cementificio. Un suono lungo, angosciante che raccontava la periferia industriale e la fatica. Oggi quel suono non c’è più. E neppure i colpi d’ascia dal cantiere navale nel porto piccolo. Ci sono invece le voci scanzonate dei turisti, lo scampanellio del trenino che li porta in giro nel centro storico.
Il mondo cambia e anche i suoi soundscapes. Sta a noi non lasciarceli sfuggire. Che ne pensate?
Lasciate un commento e raccontateci quanto conta per voi la dimensione acustica in viaggio.
