Abbiamo riletto Il Gattopardo per proporvi un’analisi dei luoghi e dei paesaggi. Una sorta dui viaggio letterario tra Palermo e Agrigento, dal fasto dei palazzi nobiliari ai borghi bruciati dal sole siciliano.
Il Gattopardo (1958) è un romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), ispirato alla figura del suo bisnonno, il principe Giulio Fabrizio Tomasi. La storia racconta il trapasso della Sicilia dal regime borbonico al Regno d’Italia e il trasformismo delle aristocrazie locali, pronte a cambiar tutto per non cambiare niente.
Il romanzo fu più volte respinto da illustri case editrici (prima Einaudi, poi Mondadori). L’autore, tuttavia, convinto del suo valore letterario, sentendo vicina la morte, lasciò disposizioni molto precise sulle sorti del testo e sull’eventuale pubblicazione. Non sbagliava. L’opera fu pubblicata postuma da Feltrinelli e riscosse subito un enorme successo. L’anno dopo, nel 1959, vinse il Premio Strega. Resta tuttora un classico amatissimo. Molti tuttavia ne ricordano l’altrettanto famosa trasposizione cinematografica ad opera di Luchino Visconti, le cui scene sono diventate parte dell’immaginario collettivo. Chi può dimenticare, infatti, la bellissima Claudia Cardinale nel sontuoso valzer con Burt Lancaster nei panni del Principe di Salina? Da capogiro.
L’analisi di questo grande classico del Novecento diventa per noi l’occasione preziosa per interrogarci sulla corrispondenza fra i luoghi tratteggiati dalla penna di Tomasi di Lampedusa, i palazzi ricostruiti da Visconti e quelli reali, tuttora esistenti e, in alcuni casi, visitabili.
Procediamo!
Scheda
Titolo: Il Gattopardo
Autore: Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Anno della prima pubblicazione: 1958
Casa Editrice: Feltrinelli
Collana: Universale Economica
Anno: 2013
Pagine:182
Prezzo: 10,00 £

Il Gattopardo: analisi dei contenuti
Il Gattopardo è scandito da una narrazione in otto ampie parti. Attraverso la figura di Fabrizio, principe di Salina, il romanzo racconta la decisione della nobiltà siciliana di appoggiare il neonato Regno d’Italia e la monarchia dei Savoia. A farsi pioniere del cambiamento è Tancredi, nipote amatissimo del principe, un giovane affascinante e scapestrato che ritroviamo, nelle prime pagine, fra i garibaldini approdati sull’isola e poi nell’esercito regolare dei Savoia. Sarà lui e la sua intraprendenza a spingere a un’alleanza tra l’aristocrazia tradizionale, rappresentata dai Salina, e la borghesia rampante e danarosa – per quanto volgare – dei Sedara. Tancredi, infatti, sposerà la figlia del sindaco di Donnafugata, Angelica. Il principe non può che accettare con indolente malinconia la progressiva perdita di prestigio della sua famiglia, dei suoi valori e in generale di tutta la nobiltà.
Il disincanto del protagonista si misura soprattutto quando, dopo un lungo dialogo che mostra la storia della Sicilia come eterna preda di stranieri, egli rifiuta la carica di senatore propostagli dal piemontese Chevalley.
“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra”
Il titolo
Il gattopardo è lo stemma araldico della famiglia del protagonista, ma anche e soprattutto il suo simbolo. Lo ritroviamo in tutti i luoghi di rappresentanza, dai palazzi ai feudi dei Salina, monastero di Donnafugata compreso, come espressione di potere e di identità. Il successo di questo titolo e del romanzo col suo valore paradigmatico hanno contribuito alla diffusione del concetto di “gattopardismo” ossia la tendenza all’immobilismo, mascherato però da una teorica propensione al cambiamento. Una sorta di subdolo trasformismo volto alla difesa dei privilegi di classe.
L’incipit
L’incipit del romanzo ci immerge in un’atmosfera barocca, opulenta. L’odore delle zagare irrompe dal giardino. La famiglia del principe Fabrizio Salina, riunita in una sala sontuosamente affrescata e dominata dallo stemma azzurro del gattopardo, ha appena finito di recitare il rosario. Una consuetudine mollemente rispettata, sotto la guida del capofamiglia.
Il dinamismo delle figure che si allontanano, si contrappongono all’immobilità delle architetture e dei dipinti sulle pareti. Mentre il capannello si disperde facciamo la rapida conoscenza dei personaggi “minori”, cane Bendicò compreso, colti in movenze e in atti che subito li caratterizzano. Ci sentiamo parte di una quotidianità che parla di tradizioni e conservatorismo, ma anche di complicità, di moti d’animo variegati e sensualità trattenuta.
Poi l’attenzione del narratore si appunta sul protagonista, grande anche fisicamente, e lì indugia in un ritratto dettagliato e subito memorabile. Il “principone”.
I personaggi
Il Principe Fabrizio è il protagonista del romanzo e incarna la figura del Gattopardo. Autoritario ma anche ironico, generoso nelle simpatie e fermo nelle decisioni. Affascinante e malinconico nella consapevolezza che il proprio tempo sta per finire: egli rappresenta il mondo antico. Il nuovo che avanza è invece Tancredi, il nipote spregiudicato. È lui che introduce nella narrazione il dinamismo, l’onda travolgente della storia contemporanea, il vento del trasformismo.
Fra i numerosi figli del Principe di Salina nessuno ha il carisma di Tancredi. Certamente non il primogenito Paolo e neppure Concetta, innamorata delusa di Tancredi, che alla conclusione del romanzo sarà la vera depositaria dei valori e delle tradizioni della famiglia (vestale di un mondo destinato a scomparire).
Don Calogero Sedara, sindaco di Donnafugata, e la sua bellissima figlia Angelica riescono a imparentarsi con i Falconieri-Sedara seducendoli con la promessa di ricchezza, necessaria per le mire politiche del giovane. Il matrimonio decreta un’alleanza fra l’alta borghesia di paese e l’antica aristocrazia in declino. Si pongono le premesse per la nascita di una nuova classe dirigente, più volgare della precedente e più spregiudicata.
Don Calogero e il Principe di Salina hanno codici di comportamento differenti, per comunicare sono entrambi costretti a scendere a compromessi, ma è sicuramente l’aristocratico il perdente, colui che è costretto a cedere più di tutti. Angelica, invece, è caratterizzata subito dalla travolgente bellezza capace di creare scompiglio, di scardinare le regole e i riti. Irrompe nel romanzo e in una sala bardata a festa non diversamente dalla seducente omonima principessa orientale dei poemi cavallereschi di Boiardo e Ariosto.
L’affresco: i personaggi minori
Fra le numerosissime figure minori che popolano il romanzo tutte hanno una caratterizzazione che le rende credibili e al contempo incisive. Capaci di completare l’affresco. Dal gesuita Padre Pirrone strapazzato dal Principe che ci strappa sempre un sorriso benché sia il vero grande sconfitto nella storia, a Tumeo e le sue cagne da caccia, deluso e stupefatto dinanzi al neonato legame tra i Salina e i Sedara. Dalla principessa con i suoi Gesummaria, all’algido Chevalley, dai borghigiani di Donnafugata agli scanzonati amici di Tancredi.
Il Gattopardo: analisi dell’ambiente e del paesaggio
L’analisi dei paesaggi del Gattopardo ci impone un’altalena tra simbolico e realistico. Le descrizioni sono presenti in tutta la narrazione, dettagliate ed eleganti, rappresentano una Sicilia piena di contrasti. L’opulenza dei palazzi e dei giardini, caratterizzati entrambi dall’esuberanza degli elementi architettonici e vegetali, si contrappone all’arsura e alla durezza del paesaggio naturale.
La città di Palermo, nonostante le cupole barocche monasteri, simbolo del potere esercitato dalla chiesa nei secoli, è assediata dai fuochi dei garibaldini. E il luogo verso cui si dirige la carrozza del principe, nelle prime pagine del romanzo, è un bordello. Questo ci fa capire, ancora una volta, che il mondo dei Borboni e degli ecclesiastici è finito.

Donnafugata
Donnafugata, il luogo di villeggiatura dei Salina, merita un’analisi a se stante perché è un importante punto di svolta nella narrazione. Il viaggio verso il borgo descrive una terra cotta da un sole violento, tutt’altro che generosa. Afa e polvere non sono solo espressione tangibile e realistica dell’agosto siciliano, ma anche simbolo del declino dei Salina. Le architetture sbrecciate ci danno ancora una volta l’idea di un fasto in decadenza
Donnafugata (che non corrisponde all’omonimo paesino in provincia di Ragusa realmente esistente) ha le dimensioni e le caratteristiche di un borgo di provincia. C’è la piazza, il palazzo del Sindaco – Don Calogero Sedara – che vi si affaccia, panchine su cui sostano gli anziani e monelli che ruzzano. Agli elementi architettonici laici e borghesi anche qui si contrappone il maestoso palazzo dei Salina, la Chiesa e il Monastero di pertinenza del feudo. Qui le monache omaggiano con i loro antichi mandoralti il principe e le principesse in visita, secondo un rituale che si ripete ogni anno.
La dimensione religiosa però, così come il potere dei Salina, vengono presto offuscati dalla mondanità promiscua dei pranzi, della caccia, delle votazioni e infine del fidanzamento tra Tancredi e Angelica. Signori e borghesi si incontrano, le regole vengono un po’ alla volta sovvertite.
Se il paese è immutato nel suo aspetto borghigiano, sono mutati profondamente i rapporti tra la gente, le barriere sociali sono cadute. Qui, nel cuore della provincia, si compie la vera rivoluzione.
Gli interni
L’analisi degli interni si soffermerà in particolare su due elementi: il palazzo-labirinto e il giardino. Elemento comune è il barocco: eccesso e disordine. Entrambi esercitano una strana attrazione sul lettore. Il barocco non è solo nella decorazione delle sale e delle facciate, è anche nella struttura più intima dei palazzi e persino nello spirito dei suoi protagonisti.
Il palazzo di Donnafugata risponde al topos del labirinto. In esso Tancredi e Angelica si perdono, abbandonandosi alla voluttà dei sensi quanto più cupe e abbandonate appaiono le sale e i corridoi (lunghissimi ed angoscianti). Su tutto domina un senso di morte incombente che si intreccia all’eros, alla sensualità traboccante della coppia e della casa stessa nei suoi penetrali più segreti. I due sembrano procedere in un mondo senz’ordine e senza regole, bizzarro e capriccioso, dove le stanze non hanno una fisionomia precisa e gli arredi appaiono affastellati e sottosopra. Proprio come il disordine sociale di cui il loro imminente matrimonio si fa portatore.
Sulle stesse corde è la descrizione del giardino nella prima parte del romanzo. Anch’esso può essere considerato un interno perché è un luogo rigorosamente chiuso e circoscritto, benché disordinato. Il giardino è subito accostato dal principe all’immagine del cimitero. Questo è il luogo in cui la morte e la vita si mostrano in un ciclo continuo, traboccante, tra profumi carichi e untuosi, in un’atmosfera molle. Il giardino e i suoi odori, infatti, rappresentano una sensualità che soffoca e deprime. Sono il simbolo, subito evidente della chiusura e dell’inazione dell’aristocrazia tradizionale, destinata allo scacco.
Conclusioni mon amour
Dopo aver terminato l’analisi dell’ambiente e dei paesaggi del romanzo “Il Gattopardo”, ci siamo domandanti se esistessero oggi degli itinerari turistici capaci di mostrare dal vero i luoghi del romanzo. Come accade per esempio ad Aliano (MT) a proposito dei luoghi in cui è ambientato Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi.
Per prima cosa, non dobbiamo andare a cercare Donnafugata a Donnafugata, un paese del ragusano. Quella del romanzo è un’invenzione letteraria che corrisponde tuttavia a un paio di borghi della Sicilia interna. Il primo è Palma di Montechiaro (AG) dove si trova il Palazzo Filangeri di Cutò che ha ispirato il palazzo labirinto di Donnafugata. Il secondo è Santa Margherita di Belice, definita città del Gattopardo. Qui c’è un Parco Letterario dedicato espressamente al romanzo e un importante centro documentario. Molti monumenti furono infatti costruiti grazie alla famiglia dei Tomasi di Lampedusa e rievocati nel romanzo.
La Villa dei Lampedusa, che ispirò l’autore del Gattopardo per il palazzo Salina, si trova a San Lorenzo Colli, Palermo. Fu fatta costruire per Ferdinando IV di Borbone. Qui nel 1853 fu fatto eretto un Osservatorio Astronomico come quello di Fabrizio Salina. Oggi, pur essendo un luogo carico di storia, ospita un hotel. Luchino Visconti non ambientò qui le scene iniziali del suo film, ma nella Villa Boscogrande di Palermo. Mentre il Palazzo Valguarnera Gangi, sempre a Palermo, fu girata l’iconica scena del ballo. Con i suoi meravigliosi cristalli, il mobilio pregiato e le maioliche è fra i dieci palazzi privati più belli del mondo.
Ci piacerebbe molto un viaggio ispirato al romanzo. Un tuffo nel barocco dei palazzi, nella Sicilia ottocentesca post borbonica. Nel fasto in decadenza che tanto ci ha affascinato nelle nostre numerose riletture del Gattopardo.