Annacuccù è il romanzo d’esordio di Primo Di Nicola, giornalista e senatore della Repubblica Italiana. Ha un titolo che ci ha colpito subito, come il soundscape di un’epoca fatta di stornelli e filastrocche. Un’eco di paese che ripeschiamo dalla memoria collettiva e dai giochi d’infanzia per le strade.
Siamo sul finire degli anni Sessanta, con l’uomo che si appresta a toccare la luna. A Riosogno la TV non c’è ancora e non ci sono cinematografi. C’è invece una comunità ristretta, ferita da vecchie e nuove ingiustizie, e soprattutto vessata dal sindaco che è un uomo vendicativo e violento. È un Abruzzo dolente quello di Annacuccù, e visto con gli occhi di un bambino. Che vive la montagna nella bellezza pericolosa delle sue gole e nell’oppressione di una cultura patriarcale ingiusta e feroce.
Primo Di Nicola fotografa, inoltre, l’inizio del processo di spopolamento che negli anni Sessanta ha interessato tanti borghi montani. Svuotandoli e distruggendone la cultura e il senso di comunità.
Ci è piaciuto molto il punto di vista: lo sguardo critico di un bambino di undici anni che, pagina dopo pagina, va costruendo la propria identità e un senso di inevitabile ribellione. Lo abbiamo letto tutto d’un fiato? No. Anzi all’inizio abbiamo fatto davvero fatica a destreggiarci in una selva di nomi, voci dialettali, dialoghi fitti. Ma poi c’è stato un clic. Si è sbloccato un ingranaggio e la macchina narrativa ci ha risucchiato. Trascinato. Riempito di aspettative: attese? Disattese?
Continuate a leggere (non faremo spoiler)
Scheda
Titolo: Annacuccù
Autore: Primo Di Nicola
Casa Editrice: Castelvecchi
Collana: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 238
Prezzo: 18,50 £
Annacucù – Primo Di Nicola: i personaggi e i luoghi
L’Abruzzo, dicevamo. Proprio come quello di Fontamara. Con una ridda di prepotenti che non hanno però l’ironia furfantesca dei personaggi di Silone, ma solo una meschinità crudele e dittatoriale. In certi casi così esibita da risultare eccessiva, priva di sfumature.
I personaggi del romanzo
Incontriamo subito tutti i personaggi in un elenco che precede la narrazione vera e propria e ne presenta i ruoli.
Il protagonista è Cosmo che è anche il narratore delle numerose vicende. Testimone attento e critico. Insieme ai suoi amici rappresenta il buono che sopravvive nella comunità di Riosogno. I ragazzini sono all’ultimo gradino della scala sociale. E spesso è su di loro che gli adulti sfogano i loro fallimenti e la loro incapacità. Eppure i bambini restano forti e coerenti: capaci di sfidare le convenzioni e l’oppressione esercitata dal sindaco, dai genitori, da un cattolicesimo superstizioso e castrante. Il loro legame è solido, capace di superare le distanze, di evocare in un ritornello lo spirito degli amici che sono andati via. Emigrati e mai più tornati.
I bambini sono i custodi della montagna, di un mondo che percorrono in tutti gli anfratti e del quale piangono le ferite. Le brutture esercitate dall’uomo e le sciagure che vengono dalla terra stessa. La speranza è tutta in loro.
Gli adulti? Da dimenticare, soprattutto gli uomini. Rissosi e inconcludenti (fino ad apparire irritanti). Stretti intorno al proposito di una lista da presentare per le imminenti votazioni, ma di fatto incapaci di opporsi a Isso. Il sindaco. Padre padrone dell’intera comunità con i suoi scherani che gli somigliano per bassezza d’animo e ferocia.
Al giudizio impietoso che Cosmo riversa su tutti si sottrae, in parte, la madre che lo obbliga a studiare affinché non diventi come suo padre e i nonni materni. Che comunque non sono capaci di incidere significativamente nello sviluppo della vicenda e nella maturazione del protagonista.
Bellissimo (e sacrificale) il personaggio della Suorina. Da lei Cosmo riceve il compito di scrivere un diario. Che poi sarà il suo rifugio. Nonché il romanzo che leggiamo.

I luoghi del romanzo
In quale provincia approdiamo? Siamo fra le montagne dell’aquilano a Riosogno, un borgo di fantasia che somiglia a mille altri borghi di montagna. Ci arrampichiamo in volata con Cosmo e i suoi amici fra torrenti, cave, grotte, spallette, burroni. Che rappresentano la vita spensierata e libera da ogni vincolo. Ma la montagna è anche quella dei muli stracarichi e degli adulti che ci lavorano, non troppo diversi dalle bestie. Luogo di fatica e di abbrutimento, embelma di una vita dura, senza prospettive.
Come Fontamara anche Riosogno patisce l’onta dei potenti che le sottraggono un intero corso d’acqua alla comunità e mandano in rovina tutte le attività tradizionali legate al torrente. Ma non basta. C’è anche il terremoto. Devastante e ricorrente. Come fosse nell’identità dei luoghi, nel loro ineludibile destino. Nella doppia veste di sciagura naturale ma anche di cuccagna. Straordinario motivo di arricchimento per gli spregiudicati.
Di Nicola descrive un borgo nel momento drammatico del passaggio da un’economia pastorale a una modernità aggressiva e spersonalizzante. E ci fa riflettere e arrabbiare.

Annacuccù – Primo Di Nicola: la struttura narrativa e lo stile
Annacuccù è un unico grande flusso. La narrazione è un diario. I giorni però non scanditi indicati da date o da altre indicazioni temporali, ma separati solo da segni tipografici. Chi scrive è il protagonista. E ha 11 anni. La sua lingua e il suo orizzonte culturale sono perfettamente ricostruiti. Inizialmente c’è un impasto di italiano e di “paesano” e molta, moltissima confusione. E soprattutto la pretesa di seguire tante vicende quanti sono i personaggi del borgo. Tutti legati a un’ingiustizia, a un dolore, a una speranza.
“Io parlo paesano e lei dice sempre che il paesano non si può usare con le persone che non si conoscono, che il paesano i forestieri come lei proprio non lo capiscono“
L’effetto iniziale è perciò di spaesamento. Un impasto di filastrocche, dialetto, soprannomi. Il lettore si arrabatta fra personaggi, luoghi, elementi che gli sono estranei ma che vengono dati per scontato, come se fossero già noti. Una faticaccia, in pratica! Ma poi la narrazione si fa più fluida e chiara: Cosmo ha acquisito dimestichezza con la penna. E ci ha preso gusto, anzi è diventata la sua forza, la sua arma. Certo, la sua voce resta sempre molto espressiva e“paesana”, ma il punto di vista diventa lucido e critico. Capace di dire le cose come stanno senza girarci intorno e senza edulcorarle.
Il ritmo narrativo è in crescendo. E ci si aspetta un’esplosione. Arriverà? Tocca a voi scoprirlo.
Conclusioni mon amour
Abbiamo deciso di recensire Annacuccù perché ci pone di fronte a una provincia che non vorremmo più vedere, fatta di soprusi e di corruzione. Di istituzioni che ne svendono le risorse per favorire l’interesse di pochi.
Nessun idillio, dunque, qui non siamo di fronte ai graziosi borghi che il turismo moderno ha ingentilito. C’è piuttosto un richiamo urgente all’impegno civico. Perciò la reputiamo una lettura necessaria. Perché fa leva sul nostro senso di ribellione e di responsabilità. Perché ci insegna che i luoghi del cuore vanno protetti, costi quello che costi, da ogni abuso. E poi perché è un inno alla scrittura come spazio di libertà.
Che ne pensate? Leggetelo e fateci sapere.
Voto: otto
