Oggi parliamo di topofilia: il rapporto di profondo attaccamento che lega le persone ai luoghi. La parola deriva dal greco tópos che significa luogo e philía, amore. E tutti l’abbiamo sperimentata perché è proprio dalla topofilia che nasce il senso di appartenenza. A una città. A un quartiere. Persino ai colori di un paesaggio. L’amore per un luogo, infatti, fa sì che questi entri nel nostro immaginario, nella sfera emotiva e spirituale. Che sia sedimento della memoria e perno della nostra identità profonda. Come la casa che abbiamo abitato da bambini, la strada in cui giocavamo fino a tarda sera, la spiaggia delle nostre vacanze o la meta di un viaggio che abbiamo sognato e mai realizzato. Una topografia privata, insomma, che abita nella nostra interiorità.
Il geografo cinese Yi-Fu Tuan ha fatto della topofilia il concetto alla base della sua riflessione. L’opera “Topophilia. A Study of Environmental Perception, Attitudes and Values” (1974) può essere considerata il cardine della geografia umanistica. Che studia il territorio non da un punto di vista quantitativo e matematico, ma dal punto di vista soggettivo. Come lo percepiamo? Quali sono le nostre proiezioni su di esso? Quali sentimenti ci muove? Quali significati gli attribuiamo?
Rispondere a queste domande può offrire spunti interessanti sia per chi si occupa di migliorare un territorio e la sua vivibilità, sia per chi è attratto da un turismo immersivo-emozionale. Volete saperne di più? Continuate a leggere.
Topofilia: un po’ di storia, un po’ di letteratura
La parola compare per la prima volta nell’introduzione che, nel 1948, W. H Auden scrive al libro di poesie di John Betjemen “Slik but not Streamlined”. Indica il legame tra paesaggio e senso della storia che esso contiene. Lo ritroviamo in seguito nell’opera di Gaston Bachelard Poetique de l’espace (poetica dello spazio) in relazione allo spazio intimo, abitato e difficilmente dimenticato. Ma è con Yi-Fu Tuan che la topofilia diventa concetto geografico. È il legame emotivo tra l’uomo e un luogo. Da geografo, perciò, abbandona l’interesse per la dimensione misurabile e rivolge la sua attenzione alla sfera umana e soggettiva. Alle geografie personali che ciascuno di noi modella attraverso la propria esperienza, la propria cultura, l’emotività e la fantasia.
Agli antipodi della topofilia si colloca invece la topofobia, ossia il senso di estraneità, diffidenza o repulsione nei confronti di un luogo. Al centro dell’interesse resta comunque l’uomo e la sua percezione.
Una geografia così concepita si serve dell’aiuto della letteratura, dell’arte pittorica o del cinema per indagare e rappresentare le geografie personali. Un dipinto, una poesia o un romanzo diventano perciò vere e proprie fonti per analizzare il sentimento del luogo e il suo valore simbolico. Per esempio, Giuliana Bruno nel suo Atlante delle emozioni, attraverso la storia del cinema, analizza luoghi, paesaggi, architetture e il loro portato emotivo. E si rifà espressamente al concetto di topofilia di Yi-Fu Tuan.
Se vi appassionano i rapporti tra letteratura/cinema e paesaggio potete dare un’occhiata alla nostra rubrica Letteratura e Cinema. In essa analizziamo libri e film che raccontano la provincia sia come luogo che come sentimento.
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Spazio vs Luogo
Vi siete accorti che finora abbiamo sempre usato la parola luogo e mai spazio?
Non è un caso e non siamo certo a corto di sinonimi! Lo spazio è infatti concepito da un punto di vista oggettivo e astratto. Attiene alla prospettiva oggettiva e quantificabile e si rappresenta attraverso il linguaggio della matematica. Pensate alla cartografia classica, alla rappresentazione in scala della geografia tradizionale. Al profluvio di misure e numeri con cui abbiamo studiato la geografia a scuola. Il luogo invece è caratterizzato da una storia, dalla visione e dal valore che gli uomini gli attribuiscono. È immerso in una sfera soggettiva.
Un fenomeno qualunque può essere molto vicino a noi da un punto di vista spaziale, ma lontanissimo emotivamente. Secondo la geografia umanistica ed emozionale (che dalla prima scaturisce) la localizzazione di un oggetto non basta. Conta il senso che vi attribuiamo. Conta il nostro sguardo e il nostro sentire rispetto a esso.
Esempio pratico? Il duomo del nostro paese può essere per noi un luogo meraviglioso indipendentemente dal suo valore artistico o storico. Perché sentiamo che ci appartiene, avendolo frequentato spesso e avendovi intrecciato esperienze e sentimenti. Al contrario, possiamo percepirlo come un luogo insignificante (pur se dotato di opere d’arte e di tesori architettonici) perché lo collochiamo nella sfera del banale e dell’usuale. E sogniamo magari viaggi in paesi lontani. Nel primo caso il luogo ci è emotivamente vicino. Nel secondo lontanissimo. Benché dal punto di vista spaziale oggettivamente non cambi nulla.

Topofilia e Genius Loci: gli antichi la sapevano lunga!
I luoghi hanno una personalità. Proprio così: un carattere, un temperamento. È questo un altro aspetto della riflessione di Yi-Fu Tuan sulla topofilia che ci ha colpito molto. Se ne erano accorti anche gli antichi. I Romani lo chiamavano Genius Loci. Ritenevano che ogni luogo fosse abitato da una divinità minore, un’entità sovrannaturale che lo condizionasse col suo particolare umore. Il genio proteggeva e lasciava la propria impronta in chiunque vi abitasse o anche solo in chi era di passaggio.
Oggi con la stessa espressione si fa riferimento all’insieme dei caratteri che contraddistinguono una città o un paesaggio. I rapporti tra le persone. I modi di vivere e di abitare. Le espressioni culturali. Le rappresentazioni che di quel luogo ci danno le arti. In una parola, la loro identità. In ogni luogo possono infatti esserci campi di attenzione, ossia elementi e caratteri che acquisiscono valore per l’individuo dopo una lunga immersione e frequentazione. Un vicolo, una piazzetta, la radura di un bosco. Essi ci daranno il senso di un luogo. Ci restituiranno il sentimento che sempre assoceremo a quel posto.
I campi di attenzione si differenziano dai simboli pubblici, ossia quei monumenti a cui collettivamente si attribuisce valore e di cui fruiamo attraverso la vista, la visita veloce, il tradizionale sightseeing (Ndr. il giro turistico).
Conclusioni mon amour
Abbiamo posto un altro tassello nel mosaico della geografia emozionale. L’interesse per questa disciplina si spiega in virtù del nostro modo di concepire il viaggio nella provincia. Che abbiamo deciso di raccontare non solo attraverso gli itinerari, ma anche e soprattutto a partire dai sentimenti che suscita.
Ma pensiamo anche che la topofilia possa affascinare anche altri viaggiatori. Il turismo di oggi, infatti, punta sempre più su itinerari che propongono esperienze immersive e uniche. Dà spazio al valore soggettivo che un luogo può acquisire rapportandosi al viaggiatore, alla sua cultura, alle sue emozioni, ai suoi sogni. Pertanto, dato uno stesso luogo non potranno mai esserci viaggi veramente uguali.
Se volete approfondire l’argomento vi consigliamo alcune letture:

- Topophilia. A Study of Enviromental, Perception, Attitudes and Values di Yi-Fu Tuan
- Atlante delle emozioni di Giuliana Bruno
- Mindiscapes di Vittorio Lingiardi
- Landscapes of the Mind. Worlds of Sense and Metaphor di J.Douglas Porteus

Amor Loci? Per noi è amore per la provincia. Una forma di topofilia che ci spinge a curare il nostro piccolo mondo e a difenderne i valori e la cultura.