Ha la crosta croccante e bruna, mollica gialla, sapore aromatico e acidulo: è il Pane di Altamura DOP. Lo si riconosce subito nelle skuanete, pagnotte dalla forma accavallata che si possono conservare fino a due settimane. Il pane di Altamura è un vero e proprio gioiello dell’Alta Murgia, ereditato dalla tradizione contadina e ormai famoso in tutta l’Italia. Ottenuto dalla semola rimacinata di grano duro, si distingue per la sua particolare digeribilità dovuta all’impiego del lievito madre. Dal 2003 vanta la denominazione di origine controllata.
La sua storia e la sua tradizione sono legate saldamente alla città in cui lo si produce e alla cultura contadina. Secondo noi, il Pane di Altamura è un fiore all’occhiello dell’enogastronomia di provincia, espressione di un territorio preciso e delle sue peculiarità da custodire. Ma anche gioiello comune. Lo consigliamo a quanti si mettono in marcia lungo la Via Peuceta e fanno tappa ad Altamura. Sarà infatti un viatico facile da trasportare e molto saporito, da accompagnare ad altri freschi prodotti locali.

Abbiamo deciso di raccontarvelo perché, pur essendo un prodotto di pregio, il pane di Altamura è spesso presente sulla nostra tavola. Come un vecchio zio che di tanto in tanto viene a trovarci dal paese vicino portando dei doni. E in questo caso, si tratta della possibilità di gustarlo abbrustolito in grandi fette. O di annusarlo prima di affondare i denti nella sua crosta croccante. Non saremo egoisti, in chiusura d’articolo vi lasceremo qualche semplice ricetta per godervelo al meglio.
Perciò continuate a leggere!

Pane di Altamura: la storia
La storia del pane di Altamura è antica. Sembra che ne parli persino Orazio nella Satira V, quando in cammino verso Brindisi lo elogia come “il pane migliore del mondo”. Adatto al viaggiatore previdente che ne porta con sé una scorta. Il pane di Altamura non mancava mai sulla tavola dei contadini. E doveva durare due settimane perché quello era il tempo che contadini e pastori trascorrevano nelle masserie isolate dell’Altopiano prima di tornare a casa, in paese. Lo mangiavano inzuppato con acqua, olio e sale.
Lo si impastava in casa, in genere una volta a settimana, ma veniva cotto nei forni comuni. Ogni famiglia disponeva di un sigillo in legno o in ferro battuto con cui marchiava le proprie pagnotte per distinguerle da quelle degli altri. Il fornaio quotidianamente strillava lungo le stradine per ritirare le forme di pane impastate e, dopo la cottura, le riconsegnava con lo stesso metodo. Cuocere il pane in casa era vietato, facendolo si rischiava una multa salata.
Questa prassi si è protratta fino alla metà del secolo scorso. Fare il pane era una consuetudine comunitaria. Un fatto corale.

Nel Medioevo già esistevano corporazioni di mugnai e di fornai. Lo Statuto municipale della città di Altamura del 1527 mostra una serie di articoli che riguardavano il dazio del forno. Mentre, da un documento del XV secolo, sappiamo che il clero non era tenuto a pagarlo. Si cercava di portare il conto delle quantità di grano duro perché era un prodotto molto importante allora come adesso. Anche la molinatura avveniva sul territorio e nel XVII secolo esistevano già 26 impianti preposti.
Nel 2003 il Pane di Altamura ha ottenuto la denominazione di origine controllata e oggi vi è un Consorzio che vigila sull’applicazione del Disciplinare di Produzione approvato dall’Unione Europea.
Dove e come si produce il Pane di Altamura
Il pane di Altamura si ottiene a partire dalla semola rimacinata di grano duro delle varietà Appulo, Arcangelo, Duilio e Simeto prodotto in cinque comuni dell’Alta Murgia: Altamura, Gravina in Puglia, Poggiorsini, Spinazzola e Minervino Murge. La lavorazione avviene nel territorio di Altamura e persino l’acqua necessaria all’impasto deve rispondere a precisi requisiti.
Uno dei segreti del pane di Altamura è l’impiego del lievito madre in luogo di un agente esterno. Il lievito madre è ottenuto da un impasto precedente e dopo la fermentazione vien fatto confluire nel nuovo impasto. Il lievito madre è inoltre “rinfrescato” per tre volte giornalmente con l’aggiunta di ulteriore acqua e semola rimacinata. In questo modo la lievitazione aumenta e con essa la digeribilità del prodotto finale.
L’impasto è eseguito da impastatrici a bracci tuffanti. Una volta terminato, il pane viene coperto da un telo di cotone e lasciato a riposare per un’ora. Viene poi pesato e modellato per la prima volta. Quindi lo si lascia lievitare per altri 30 minuti e si procede a una seconda modellatura con susseguente riposo di 20 minuti. Tutto viene fatto a regola d’arte, non si può saltare nessun passaggio!
Prima di essere infornata a 250 gradi, la pagnotta viene capovolta energicamente e accompagnata da una leggera pressione su di un lato che le conferisce la tipica forma accavallata. Come avviene la cottura? Per 15 minuti a forno aperto, poi per altri 45 a forno chiuso. Il forno viene poi aperto per 5 minuti per far uscire il vapore e permettere la formazione dell’appetitosa crosta. Le pagnotte vengono poi sistemate su travi di legno e bollate. Il tradizionale bollino ne garantisce la DOP e il rispetto della procedura tradizionale. Si può usare il forno a gas o quello a legna di quercia.
Dove si può acquistare il pane di Altamura
Il pane di Altamura DOP si trova in numerosi panifici della città, alcuni dei quali lo vendono anche on line con precise indicazioni per una conservazione ottimale. Un’altra possibilità è cercarlo negli store di prodotti tipici pugliesi dove lo si trova prevalentemente in pezzature da 5 chilogrammi e per un prezzo compreso tra i 4,50 e i 6,00 euro al chilo. Per essere certi della DOP bisognerà assicurarsi della presenza del bollino ufficiale. Non basta infatti che il pane sia prodotto ad Altamura, deve rispettare i rigidi parametri del Disciplinare. Con la qualità non si scherza!
Come conservare il pane di Altamura
Per conservare al meglio il pane basta utilizzare la carta che fornisce il panettiere e un sacchetto di plastica chiuso. Si determinerà infatti un cuscinetto d’aria che favorirà la migliore conservazione. Il pane deve essere completamente avvolto nella carta in modo che questa ne assorba tutta l’umidità. Bisognerà poi riporlo lontano da fonti di umidità e calore. D’estate in frigorifero. Sarà buono e fragrante per tutta la settimana.
In alternativa, lo si può congelare richiudendolo bene in un sacchetto alimentare, preferibilmente sottovuoto.
Il Museo del pane di Vito Forte
Il pane di Altamura non è solo cibo e non è solo tradizione. Vi è un luogo in cui il pane si fa paesaggio e si fonde col paesaggio circostante: è il Museo del Pane di Vito Forte. Si trova in via Onorato Candiota, 2, vicino alla Cattedrale di Santa Maria Assunta. Qui sorgeva un antichissimo forno di origine medievale. Vito Forte iniziò a lavorarci come garzone quando aveva solo 11 anni. Successivamente lo rilevò e promosse la diffusione del pane in tutta l’Italia.
Oggi il Panificio Forte produce il suo pane in un edificio più grande e moderno, ma la vecchia sede è diventata un affascinante museo che propone un percorso sensoriale interamente dedicato al pane. Si tratta di un vero e proprio “luogo dell’anima” che sorge in osmosi con le stradine del centro storico e i loro tipici claustri. Che dire? È una meta imperdibile per quanti amano il turismo lento e immersivo. Vi si intesse infatti un vero e proprio racconto di provincia, come piace a noi, in un profluvio di profumi, consistenze e … sapore!
Dalle pagine del sito è possibile prenotare una visita e trovare tutte le informazioni su chiusure e aperture in ottemperanza al DPCM e in relazione all’emergenza COVID.
Il pane di Altamura in tavola: ricette
Il pane di Altamura si presta a molte ricette pugliesi sia calde che fredde. Per esempio il pancotto, tipico piatto povero, in cui pane raffermo e uova si mescolano alle verdure locali, anche selvatiche. Una ricetta tradizionale è anche la ciallédda fredda o calda a base di pane raffermo bagnato in acqua e condito con pomodori e cipolla. Noi però preferiamo consigliarvelo come più ci piace: abbrustolito. E vi proponiamo perciò 4 tipologie di bruschetta: una per ogni stagione. Per ciascuna vi indicheremo ingredienti tipici della Murgia.
Procediamo!
Bruschette per 4 stagioni
Tagliate il pane a fette piuttosto spesse e abbrustolitelo sulla griglia o sulla piastra. Procedete col condimento.
- Estate: per l’estate consigliamo la classica bruschetta pugliese. Si ottiene strofinando il pane abbrustolito con l’aglio e aggiungendo pomodorini ciliegini a pezzettini conditi con olio, sale e origano fresco.
- Autunno: in autunno la bruschetta può essere gustata con pallone di Gravina fuso, funghi cardoncelli trifolati e peperoncino.
- Inverno: con la stagione fredda consigliamo di condire la bruschetta con lenticchie di Altamura cotte con alloro, aglio, pomodorino e soffritto di sedano, cipolla e carota. Dopo aver creato un letto di legumi sul pane abbrustolito ci aggiungiamo della salsiccia sbriciolata e aromatizzata al finocchietto (cotta nello stesso soffritto delle lenticchie).
- Primavera: a primavera amiamo raccogliere e mangiare gli asparagi selvatici. Li cuciniamo in padella con uovo sbattuto e grana e li adagiamo sulle fette di pane abbrustolito.
Quale preferite? Noi non abbiamo dubbi: tutte!
Conclusioni mon amour
Dagli antichi forni alle nostre tavole. Dalle masserie sperdute sull’Altopiano della Murgia ai supermercati di mezza Italia. Il viaggio di questo prodotto è interessante quanto il suo profumo e sapore. Ci piace associare il pane di Altamura all’immagine del viandante che percorre la vecchia Appia, la madre di tutte le strade. O il cammino materano che irraggia la Puglia d’entroterra. Lo immaginiamo con la skuanete nello zaino e il ricordo dei vecchi forni ancora attivi in città. Grande omaggio alla cultura contadina e pastorale che ancora oggi in cucina esercita il proprio fascino.
Lo sentite prepotente il sentimento di provincia? Noi sì.

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