Paesaggio con rovine di Generoso Picone è un saggio dedicato all’Alta Irpinia. Ai luoghi del terremoto del 1980. Con scrittura drammatica e passionale Picone ripercorre gli atti attraverso cui si consuma la tragedia della provincia di Avellino, di fronte alla quale tutto ciò che è accaduto prima del sisma acquisisce una luce fatale. Come fosse l’estenuante preparazione alla scena madre.
Il saggio non si ferma al racconto del 23 Novembre e dei giorni seguenti, quando a tutti sembrò troppo tardi. Troppo tardi per gli interventi di messa in sicurezza, troppo tardi per i soccorsi e per gli aiuti ai senzatetto. Al punto che il “Fate Presto” sul Mattino di Napoli del 26 Novembre è rimasto negli anni un urlo senza voce. Un moderno j’accuse nei confronti dello Stato colpevole di disattenzione e pressapochismo. Ma è tardi anche adesso. L’analisi dell’autore, infatti, si allunga ai decenni successivi sino ad arrivare ai giorni nostri: alla ricostruzione scandalosa, alla corruzione della politica imbibita di camorra, all’emorragia che ha spopolato i paesi.
Abbiamo deciso di recensire questo saggio perché il tema affonda nella nostra storia personale, in coincidenze fatali. Francesco da bambino ha abitato a Conza della Campania, per un paio di mesi nell’estate del 1980. Accompagnava suo padre per lavoro. Aveva poco più che quattro anni e ricorda ancora i nomi e le facce dei vicini di casa. Del vecchietto che lo fece ubriacare con un bicchiere di vino e di un brutto ruzzolone per le scale ripide della vecchia casa in cui alloggiava. Oggi non smette di pensare che volti e vicoli che ogni tanto occhieggiano tra le memorie d’infanzia, tre mesi dopo quella stramba estate, sarebbero stati spazzati via da un sisma apocalittico.
Scheda
Titolo: Paesaggio con rovine. Irpinia: un terremoto infinito
Autore: Generoso Picone
Casa Editrice: Mondadori
Collana: Strade Blu
Anno: 2020
Pagine: 222
Prezzo: 17,10 £
Paesaggio con rovine – Generoso Picone: l’argomento
“Paeasaggio con rovine” di Generoso Picone nasce dall’intento di documentare il sisma del 23 Novembre e tutto ciò che lo ha preceduto e seguito. Dall’illusione al crollo di ogni speranza. Nei giorni successivi alla tragedia si poté assistere, infatti, a un corale slancio di solidarietà nazionale e internazionale. Si mise in moto una vera e propria fucina di proposte per una ricostruzione d’avanguardia. Sorse l’illusione che dalle macerie potesse nascere un programma di moderno sviluppo per l’intera provincia. Negli ultimi capitoli, però, la disillusione (amara) è raccontata con altrettanta precisione. Picone passa in rassegna i mille rivoli dell’Irpiniagate: gli sprechi, gli abusi, la corruzione, la speculazione, la lentezza, il disordine, la mancanza di una visione d’insieme.
Il saggio colpisce per la ricchezza degli aneddoti, per le storie che si intrecciano, per i nomi – tanti, famosi, dai politici ai registi, agli architetti, ai letterati – legati all’Alta Irpinia. Così che la città di Avellino, tanto media da essere l’emblema stessa del provincialismo e tanto oscura da essere continuamente ignorata, diventa l’epicentro di una narrazione tentacolare.
L’autore si sofferma ad analizzare la società del pre e del post terremoto, ne individua continuità e cesure. Stigmatizza la diffusa mentalità provinciale caratterizzata dal clientelismo, dall’ideologia della gratitudine e della servitù volontaria. Ci conduce per le strade dei paesi ricostruiti in un eccesso di cemento e geometria, senza memoria per i vicoli distrutti, per le piazze e le chiese com’erano prima. Addita architetti e urbanisti imposti dalla politica, paladini del brutto e dei non-luoghi, privi di una progettualità a lunga gittata.
Generoso Picone racconta il terremoto e la ricostruzione con dolore e sofferenza. Alla precisione dei dati si affianca infatti la denuncia passionale. Un odi et amo rivolto all’Alta Irpinia che è soprattutto amore come dimostra la conclusione commovente e bellissima.

Il concetto chiave
Le rovine reali e morali sono il concetto chiave attorno a cui ruota l’intera opera. Le ritroviamo nel titolo, nel capitolo iniziale e nella conclusione. Dominano il sud dell’Osso, così come l’autore definisce l’Appennino. Raccontano di paesi abbandonati e ricostruiti altrove. O di paesi che si stanno svuotando per mancanza di prospettive e di servizi essenziali. Le rovine non sono solo quelle del terremoto del 23 novembre 1980. Sono spesso rovine morali.
Generoso Picone non ne risparmia una, ma documenta gli sprechi paese per paese, l’infiltrazione della camorra nei consigli comunali e negli appalti. Segue con giusto accanimento la parabola dell’industrializzazione interrotta, quella che negli scorsi decenni ha inquinato e avvelenato senza portare benessere. Su tutto però domina un senso di profondo scoramento. Una pietas impotente.
Le rovine sono inoltre espressione di rimpianto. Per il fermento culturale che la provincia di Avellino stava vivendo sulla fine degli anni Settanta e per i bagliori di coscienza civile all’indomani del sisma, come il Laboratorio Gramsci. Esperienze soffocate dagli scandali legati alla ricostruzione e che hanno alimentato il pregiudizio anti-meriodionalista già molto forte al nord. Conza della Campania. Bisaccia. Mirabella Eclano. Cairano. Ariano Irpino e molti altri. Questi luoghi si sono spontaneamente e lentamente abbandonati alla desistenza.
La restanza e il turismo emozionale
Negli ultimi due capitolo Generoso Picone fa il punto della situazione attuale. Qual è lo stato di salute delle province dell’Alta Irpinia?
Apparentemente sembra che il turismo emozionale che punta ai borghi potrebbe rappresentare per alcuni di questi paesi d’Appennino un’occasione di crescita. Picone però ritrova nella retorica del pittoresco e nell’invasione dei “turisti della domenica” il pericolo di bloccare i paesi nella loro desolazione. E usa parole dure come il tentativo di “sacralizzare la miseria”. Idealizzando il mondo arcaico, in effetti, si affascina il viaggiatore di passaggio, ma si condanna chi abita i borghi alla mancanza di servizi essenziali e di prospettive. I numeri, altissimi, dello spopolamento e dell’emigrazione lo confermerebbero. Così come il fallimento di molte delle iniziative basate sulla vendita di case a 1 euro nei borghi.
A questa falsa prospettiva di sviluppo si aggiunge poi la “restanza”. La parola, utilizzata per la prima volta dal Censis, si contrappone a lontananza o erranza. È l’atteggiamento di chi ha scelto di non abbandonare il paese cercando di riposizionarsi. Escogitando individualmente delle soluzioni in loco per sopravvivere. Benché dimostri un atteggiamento propositivo che va oltre la malinconica rassegnazione, si tratta comunque di un fallimento perché indice di una prospettiva parziale. Frutto dell’iniziativa del singolo e non della comunità intera o dello Stato, sempre assente e incapace di un progetto ad ampio raggio.
Paesaggio con rovine – Generoso Picone: la struttura e lo stile
Paesaggio con rovine di Generoso Picone si articola in 5 grandi capitoli:
- Un’autobiografia del terremoto: ci racconta il bisogno di elaborare il lutto attraverso la narrazione e di cercare un senso alle calamità naturali. Bisogni rimasti insoddisfatti nel caso dell’Irpinia
- L’ultima notte di quiete: ripercorre gli anni che hanno preceduto il terremoto. E in particolare l’ultima estate. Con il concerto di Lou Reed nello stadio di Avellino.
- Dalla solidarietà al romanzo criminale: il terremoto e le reazioni a breve e a lungo termine. Dallo slancio di solidarietà nazionale alla corruzione che ha scandito l’infinita ricostruzione
- I paesi dell’altrove: è la riflessione sullo stato dei paesi dell’Irpinia oggi
- Il terremoto che non finisce mai: si tirano le somme.
Ogni capitolo è a sua volta suddiviso in numerosi sotto-capitoli che guidano il lettore nella lettura. Il saggio e si presenta accurato sul piano della ricostruzione e dei dati ma anche connotato emotivamente, sempre teso.
La scrittura è potente, ricca di pathos, di periodi complessi intervallati da frasi brevi e a effetto. Non sempre è agevole scorrere i capitoli perché le frasi incalzano, i periodi intrecciano le loro subordinate veicolando con urgenza numeri, aneddoti, nomi. L’autore tiene insieme molti rivoli ed è generoso nell’aggettivazione così come nei contenuti. Sente il bisogno di dare voce a quei luoghi rimasti a lungo in silenzio, e le sue parole ci travolgono come una fiumana.
L’autore
Generoso Picone è nato ad Avellino e non tace il legame strettissimo con la sua terra. Ha iniziato molto presto la sua attività di giornalista presso Il Mattino di Napoli. Anche nelle pagine di “Paesaggio con rovine” racconta più volte i legami molto forti con la generazione di giornalisti suoi coetanei e con quella immediatamente precedente. Si occupa di politica e di cultura come mostrano le numerose pubblicazioni all’attivo.
Conclusioni mon amour
Paesaggio con rovine – Generoso Picone. Non è stato facile scrivere questa recensione per diverse ragioni. Perché io e Francesco ci sentiamo sotto accusa. Siamo infatti parte di quel turismo domenicale un po’ grottesco che va a caccia di autenticità nei borghi di poche anime, ignorandone i problemi del quotidiano, le battaglie combattute e quelle disertate. Picone muove spesso i suoi strali contro la retorica del pittoresco che finisce per sacralizzare la miseria e il mondo arcaico. Di fatto precludendo ai paesini d’entroterra un reale sviluppo. Questa lettura perciò ha avuto il merito di farci riflettere anche sul nostro modo di promuovere la provincia e la sua lateralità.
Lo consigliamo a chi voglia conoscere la provincia di Avellino, il Sud dell’Osso, e la sua storia recente. Ai viaggiatori d’Appennino, a chi va a caccia di rovine e di paesi fantasma non solo obbedendo alle mode del momento ma spinto dalle domande, dalla volontà di conoscere e di agire. Sul sito del progetto Derive Suburbane è possibile vedere un suggestivo archivio fotografico dedicato ai paesi fantasma. Fra questi c’è Conza vecchia con le sue case crollate, gli oggetti che ancora vi si trovano, le macerie. L’illustrazione perfetta e involontaria a questo saggio che non dimenticheremo facilmente.
Voto: otto e mezzo
