Nina sull’argine di Veronica Galletta è un romanzo che racconta di luoghi e di lavoro, di un’umanità operosa, affaccendata attorno a un argine da costruire. Ci pensate? È una storia che parla di geometri e ingegneri, di assessori e collaudatori. Un grappolo di figure grigie che nel corso del racconto acquistano dignità e spessore. Si tratta di un soggetto davvero originale nel panorama letterario italiano.
L’autrice ci porta a Spina, frazione di Fulchré in un cantiere sperduto nella nebbia della Pianura Padana, fra i canali e gli acquitrini del Vercellese. D’istinto potremmo immaginarci uno scenario monotono e anti-idillico. L’idillio in effetti non c’è, ma il paesaggio si presenta grandioso nelle descrizioni, vario sotto la luce che cambia al cambiare delle stagioni.
Seguiamo la lotta febbrile dell’uomo contro la natura da plasmare, contenere, addomesticare. Cantiere e paesaggio naturale si mescolano in un racconto che alterna l’introspezione malinconica ai dialoghi. L’analisi delle relazioni umane alla riflessione sul cambiamento come cifra del paesaggio. Ma anche come condizione necessaria alla sopravvivenza.
Per un’analisi completa e senza spoiler continuate a leggere la nostra recensione.
Scheda
Titolo: Nina sull’argine
Autore: Veronica Galletta
Casa Editrice: Minimum Fax
Collana: Nichel
Anno di pubblicazione: 2021
Pagine: 224
Prezzo: 16,00£ (edizione cartacea)
Nina sull’argine – Veronica Galletta: l’argomento
Nina sull’argine è in realtà Caterina Formica, ingegnere civile, Direttore dei Lavori sul difficile cantiere di Spina. Il cantiere è un micro-mondo fatto di relazioni interpersonali tese, di equilibri sempre pronti a incrinarsi, di corruzione quanto basta e attività febbrile. Un mondo di mezzo, quello delle opere pubbliche, dove il lavoro si mescola alla politica e ci sono sempre frange poco chiare, zone torbide.
Abbiamo letto spesso storie che hanno al centro paesaggi naturali violentati dalla mano dell’uomo e dalla sua avidità (Resto qui di Marco Balzano su tutti). Qui siamo dall’altra parte. C’è l’uomo nella sua lotta atavica con la natura, madre-matrigna, che all’improvviso può distruggere tutto ciò che egli ha costruito: paesi e campanili, strade e case a ridosso dei canali, osterie dove servono il coregone e piccoli orti.
C’è un argine da costruire prima che il fiume esondi: dirigere l’opera per Nina significa portare ordine nel caos. Assumersi la responsabilità della previsione, il coraggio del rischio nell’incertezza che incombe, frutto della natura imprevedibile e del pressapochismo umano. Di una burocrazia ipertrofica e degli interessi contraddittori di tutti i personaggi all’opera.
I personaggi del romanzo
La protagonista del romanzo è Nina, immersa in un universo maschile poco avvezzo a prendere ordini da una donna, a riconoscerle un ruolo di comando. Nelle prime battute la troviamo trincerata in una corazza fatta di impersonalità e formalismo, impegnata a ribadire i ruoli, a definire i rapporti di forza.
L’emotività repressa emerge però nei momenti di solitudine, nei deragliamenti che la spossano, nella casa rimasta vuota dopo che il marito se ne è andato. Improvvisi picchi di irrazionalità rendono complesso il personaggio e arricchiscono la storia di visioni e fantasmi.
Nina nel corso della narrazione cambia, si apre al mondo che la circonda. Si emoziona davanti al lavoro che avanza, al calcestruzzo appena gettato che si assesta, dinanzi alle storie di chi si affolla sul cantiere. Nina ha un grande rispetto per il lavoro e per chi lavora. Costruisce un argine a fatica, sempre a un passo dal mollare tutto, fuori e dentro di sé.
Veronica Galletta tratteggia i personaggi sul cantiere come fossero tipi e individui al contempo. Vi troviamo l’assessore innamorato del paesello e della cucina locale. Il poeta che protesta in difesa dei pesci ma non comprende il pericolo che corre il paese. La vedova che non accetta l’esproprio della terra, ma fa il caffè all’ingegnere per scambiare due parole. Il geometra Bernini, gran lavoratore ma maschilista per inerzia e refrattario agli ordini.
A un certo punto, ciascuna di queste figure esce dal proprio ruolo, dallo stereotipo. Persino Bernini diventa più simpatico. Nell’impersonalità si affaccia, d’improvviso, l’umanità col suo carico di dolore. E umanissimo è, su tutti, l’operaio Antonio che emerge dalla nebbia e nella nebbia ritorna con un ricordo di parmigiana appena sfornata.
Il cantiere stesso è un personaggio. Proteiforme e gigantesco. Umorale. Assomiglia a un organismo capace di reagire a ogni intoppo con piccoli assestamenti, compensazioni naturali e aggiustamenti per mano dell’uomo.
I luoghi del romanzo
Il romanzo Nina sull’argine si apre con una descrizione minuta e potente della topografia dei luoghi. Il fiume, i bacini artificiali, l’anfiteatro morenico, i pioppi, il Lago di Viverone: scorrono sotto i nostri occhi come davanti ai fotogrammi di un documentario. È uno scenario inaspettatamente vario.
L’attenzione al paesaggio si mantiene costante per tutta la narrazione e il cantiere stesso ne è parte con le sue sopraelevazioni, le macchine, i rulli. La creazione ha grandi margini di imponderabile: tutto ciò che sfugge alla progettazione, ai calcoli, alla razionalità insufficiente.
Elementi antropici ed elementi naturali si fondono. Il resto è Pianura Padana. La troviamo nel caldo afoso di agosto e fra i ghiacci dell’inverno. Sotto la nebbia da cui spuntano fantasmi e inquietudini e nelle parole dell’Assessore che ci racconta la frazione di Spina con la retorica di un depliant turistico.

La provincia si sente tutta. Al bar o in trattoria dove si misurano gli umori della gente. Nelle chiacchiere dei vecchietti che commentano ogni progresso. E soprattutto nel poeta Musso, rappresentante del Comitato Fiume Libero: una figura che si trova in ogni paese. Antropologicamente provinciale nella sua colorita e fumosa protesta.
“La barista sorride, dandole il resto. Gli abitanti della nebbia, di solito così composti, capita che sorridano, con la bella stagione. Fioriscono, come i pioppi dei viali lungo il torrente, da cui fioccano piumini fino a saturare l’aria. Come i ciliegi.”
Nina sull’argine – Veronica Galletta: la struttura narrativa e lo stile
Il romanzo si suddivide in 30 brevi capitoli e 4 intermezzi in corsivo intitolati Novembre.
La narrazione è in terza persona con focalizzazione fissa sul personaggio di Nina, ad esclusione degli intermezzi. Della protagonista conosciamo pensieri e stati d’animo, la vivace interiorità e lo sguardo, ora critico, ora pietoso che si sposta su uomini e cose. I rapporti con gli altri personaggi sono scanditi da secchi, serrati dialoghi. Lo scambio di battute permette di individuare immediatamente l’indole degli attori in campo, anche fuori dal filtro della protagonista.
La scrittura di Veronica Galletta in questo romanzo non rassicura e non consola, è piena di spigoli. La punteggiatura frequente, le frasi brevi, l’insistenza della virgola che fruga e spezzatta riempie di pause la lettura, di singhiozzi. Così nella perizia tecnica, nel linguaggio delle macchine e dell’idraulica si sente sempre una vibrazione. Le descrizioni abbondanti sono solo apparentemente denotative, di fatto le cose assumono grandezza e sofferenza alla pari dei personaggi. La costruzione dell’argine diventa teodicea del lavoro, epica del quotidiano, impresa terribile e dolorosa.
Nel racconto razionale irrompe spesso l’irrazionale con naturalezza, l’autrice lo lascia a noi lettori senza troppi chiarimenti, come deriva che dobbiamo seguire finché dura. Finché la concretezza del lavoro non ritorna con i suoi plinti, il suo calcestruzzo, la sua centratura.
“Dopo circa un’ora Bernini annuncia la fine dei getti. Caterina ne avverte la soddisfazione, e vorrebbe dirgli di fermarsi, di provare a stare dentro le cose e non solo di passarci attraverso a testa bassa. Esiste una cosa che prima non c’era, e l’hanno fatta loro”
Gli inserti in corsivo
Nella narrazione principale si innestano quattro inserti in corsivo con un racconto che ha come protagonista Antonio, un vecchio operaio di origini siciliane. Espressione di ingiustizia sociale e di sofferenza. Si tratta di un flashback che ripercorre il suo ultimo giorno di lavoro in cantiere. Una parentesi intonata sulle armoniche della malinconia e del rimpianto. Una misurata, elegiaca confessione che viene dal passato e che ha il sapore di un lungo delicatissimo epitaffio.
Conclusioni mon amour
Nina sull’argine – Veronica Galletta: la nostra recensione è terminata. E ci è costata tanto perché non è semplice di fronte a un romanzo che abbiamo apprezzato trovare le parole giuste per raccontarlo senza dire troppo o troppo poco.
Abbiamo annotato moltissimi passaggi, segno che la lettura ci emozionato. Ci ha colpito soprattutto perché finora la letteratura ha raccontato i lavori pubblici con gli occhi di chi subisce espropri e vede violati i luoghi in cui è nato. Qui siamo dall’altra parte. E scopriamo quanta umanità ci sia pure fra coloro che comunemente dipingiamo come gnomi laboriosi e senza scrupoli. Ci siamo messi in discussione. Abbiamo riflettuto su quanti cantieri sparsi nelle province d’Italia aggreghino proteste solo ideologiche, contestazioni per partito preso, nostalgici che piangono per ogni cambiamento senza analizzarlo da più punti di vista (a dirla tutta, molto spesso anche noi lo abbiamo fatto).
Ad ogni modo, consigliamo il romanzo a chi sentiva come noi la mancanza di una letteratura dedicata al lavoro. A chi ama la scrittura densa, precisa, non consolatoria. A chi cerca un soggetto nuovo.
Che ne pensate? Vi aspettiamo nei commenti e intanto vi lasciamo la nostra valutazione.
Voto: nove
