Se siete amanti dei siti ipogei che si nascondono nelle campagne pugliesi, oggi vi raccontiamo di Mottola rupestre: cosa vedere, come raggiungere la cittadina, come prenotare la visita guidata.
Preparate abbigliamento comodo, sguardo curioso, una borraccia e… partiamo!
Mottola è un comune di quasi 16.000 abitanti in provincia di Taranto. Posizionata sulla cima di un ripido colle che guarda il Golfo di Taranto. Scenografica, ha la forma di un cono rovesciato e la si abbraccia tutta in un colpo d’occhio. Di ritorno dalla nostra ultima escursione, abbiamo deciso di visitare parte del suo amplissimo habitat rupestre e di gustarci un’amena passeggiata per le campagne che circondano il paese.
Calandoci fra grotte e antiche lame, seguendo muretti a secco e sentieri nascosti, i nostri bambini hanno avuto davvero la sensazione di partecipare a un’esplorazione. E noi insieme a loro, trepidanti di fronte alle balze di una profonda gravina. O per il fruscio di una biscia nell’erba alta all’entrata di una grotta.
Il sito fa parte del Parco Naturale Regionale Terra delle Gravine, meta in ascesa di un turismo che sta riscoprendo i paesaggi tormentati di un angolo di Puglia che guarda a Matera e alla Basilicata. Non dimentichiamo, infatti, che Mottola è l’undicesima tappa della Via Ellenica al Cammino Materano. Si offre a chi ama viaggiare a piedi, con lentezza e attenzione ai resti che vengono dal passato.
Mottola rupestre: cosa vedere. Una visita guidata su misura…
Cosa vedere, dunque, a Mottola?
Per visitare le meraviglie dell’ampio habitat rupestre abbiamo scelto di affidarci a una guida turistica professionista. La scelta si è rivelata giusta perché, da soli, avremmo fatto più fatica ad orientarci. Non avremmo avuto accesso alla gran parte dei siti e ci saremmo persi fra lame e tratturi. Maria ci aspettava all’infopoint della città col sorriso sulle labbra nonostante fossimo in ritardo di un’ora rispetto all’orario convenuto. Abbiamo concordato un itinerario pensato ad hoc per una famiglia con bambini (di cui uno abbastanza piccolo e poco paziente) e siamo partiti all’avventura.

Il nostro itinerario ci ha portato fra le Mirabili Grotte di Dio. Come ci ha spiegato la guida, questa è l’etichetta che nel 1987 è stata data dalla Rivista “Bella Italia” alle chiese rupestri affrescate che ci accingevamo a scoprire. Luoghi di intenso misticismo, ma anche di bellezza raccolta, di delicata pittura popolare nascosta fra le grotte lungo le pareti delle lame.
Le chiese rupestri sono infatti un esempio di architettura per sottrazione. Sfruttando lo spazio di una grotta naturale e assecondandone la forma naturale si ricavavano chiese che presentavano comunque elementi propri dell’architettura religiosa classica (navate, colonne, absidi, nicchie laterali, iconostasi). La pittura, spesso, in stile bizantino copre un arco temporale ampio che va dall’XI secolo al XV. Santi e martiri della tradizione orientale si mescolano a quelli di tradizione occidentale. Iscrizioni latine e greche fanno di questi luoghi un ponte, davvero ecumenico tra Oriente bizantino e Occidente normanno-logobardo.
1. La chiesa di San Nicola
La chiesa di San Nicola sorge a ridosso di una lama vicina alla Masseria Lamaderchia e a un’antica via medioevale collegata alla via Appia. Di qui passavano crociati e pellegrini diretti a Brindisi, ponte per la Terra Santa. L’accesso è agevolato da alcune scale nella roccia lungo il costone della gravina (discesa con bimbo di tre anni rigorosamente in braccio e bimba di sei per mano). Il paesaggio tormentato è in sé degno di sosta e di immersione. Ma la voglia di esplorare le grotte è più forte. L’interno della chiesa è spettacolare, e non te lo aspetti. Per grandezza ed elementi decorativi.
La struttura è a croce latina e tre navate. I sedili sono ricavati nella roccia tutt’intorno alle pareti e ai piedi dei pilastri. Ciò che più ci ha colpito però sono stati gli affreschi. Tantissimi, alcuni meglio conservati, altri più evanidi. Tutti raccontano storie di martirio o devozione. Oltre alla raffigurazione di San Nicola benedicente e di molti altri santi cari alla tradizione occidentale e orientale ci hanno colpito soprattutto gli affreschi con figure femminili: Santa Lucia e Santa Pelagia, la Madonna con Bambino ad occhi aperti. Su tutte aleggiava un delicatissimo afflato: quella spiritualità ineffabile che i luoghi di culto compenetrati alla natura sanno esprimere. Questa chiesa, meritatamente, viene chiamata la Cappella Sistina delle chiese rupestri.
2. La chiesa di Sant’Angelo
La chiesa di Sant’Angelo è a due piani ipogei, se ne trovano di simili solo in Asia Minore. Si ha la sensazione che vada nel cuore della terra. Una particolarità che non abbiamo potuto godere pienamente perché la discesa al piano inferiore con i bambini piccoli ci è sembrata pericolosa. La parte superiore è molto ampia e dotata di due accessi. Anche qui ci sono tantissimi affreschi, perlopiù del XIII e XIV secolo, ma non si presentano in buone condizioni (non quanto quelli della chiesa precedente). Raffigurano vescovi, papi, santi e martiri tra cui Santo Stefano e Santa Margherita.
La cripta inferiore doveva avere un uso funerario, vi sono state travate infatti delle tombe. È meno ampia della chiesa superiore ma ha comunque una struttura a tre navate con tre absidi, affreschi ed iscrizioni. Insomma, se ne avete la possibilità, completate la vostra visita scendendo fino in fondo.

3. La chiesa di San Gregorio
L’ultima chiesa che abbiamo visitato è quella intitolata a San Gregorio. Non molto lontano dalla città è la più facilmente raggiungibile. Spicca qui su tutti un bellissimo affresco con Cristo Pantocratore. Vi è poi un dittico che rappresenta una Madonna con Bambino e San Bartolomeo in fattezze popolareggianti. La chiesetta ci ha colpito per la presenza di elementi architettonici eleganti scolpiti nella roccia: in particolare il soffitto con finte travature, cupole e cupolette e interessanti pilastri cruciformi.
4. Il villaggio rupestre di Petruscio
Lungo le pendici della ripida gravina di Petruscio si trova un intero villaggio rupestre di epoca medievale. La gravina dista dal centro cittadino meno di 2 km e si allunga per 4 km fino alla piana di Palagiano. Si tratta di un luogo paesaggisticamente suggestivo perché su entrambi i versanti del canyon si aprono circa 200 grotte artificiali disposte l’una sull’altra, come grattacieli con piani comunicanti. Vi si accede da numerose scalinate ricavate direttamente dalla roccia. Veri e propri castoni.
Le case-grotta, un tempo abitate, furono scavate nella calcarenite. Davanti a queste grotte gli abitanti condividevano piccoli orti (ortali), sedili e profonde cisterne, mentre all’interno lo spazio era suddiviso grossolanamente in due parti. Una destinata al focolare e alle persone, l’altra destinata agli animali che convivevano con gli uomini.
Purtroppo nel nostro tour abbiamo visto il villaggio solo in lontananza. Ci piacerebbe però tornare a Mottola per visitarlo interamente.
5. La chiesa di Santa Margherita
A ultimare il mosaico della Mottola rupestre, ecco la Chiesa di Santa Margherita che si trova vicino alla Masseria di Casalrotto e sulle pendici dell’omonima lama. La santa a cui la chiesa ipogea è dedicata, protettrice delle gestanti e delle partorienti, è raffigurata sul pilastro di fronte all’ingresso. Appare in abiti eleganti e delicati al tempo stesso, di foggia bizantina. Esempio di arte popolare – eppure raffinatissima – del XII secolo.
Non abbiamo avuto la possibilità di visitare la chiesetta con i bambini perché vi si giunge attraverso uno stretto camminamento che corre a strapiombo del burrone. Nel nostro itinerario su misura l’abbiamo purtroppo sacrificata.
Mottola rupestre: prenotazioni e consigli
Vi abbiamo raccontato e raccomandato tutto ciò che c’è da vedere nella Mottola rupestre. Adesso però vogliamo darvi alcuni consigli. Uno su tutti: prenotate la visita guidata. Lasciatevi guidare sulle varie possibilità offerte dal percorso.
Come fare?
Per prenotare una visita guidata (anche per gruppi piccolissimi o viaggiatori singoli) potete consultare il sito Visit Mottola e richiedere informazioni (la risposta alla mail è immediata). Oppure rivolgervi all’infopoint di Mottola, in viale Jonio, proprio all’ingresso della città, dove si paga il ticket per la visita e si esibisce il greenpass. Il greenpass è necessario per gli itinerari, come il nostro, che prevedono la visita in luoghi chiusi. Il costo della guida è a parte.
Presso l’infopoint è inoltre possibile ricevere mappe e depliant se si desidera proseguire la visita da soli o individuare posticini in cui rifocillarsi dopo l’escursione. È aperto tutti i giorni dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00.
Mottola: dove mangiare
Abbiamo visitato la città di Mottola il 2 novembre, in coda al ponte lungo di Ognissanti. Non è stato facile trovare un luogo che fosse aperto fra quelli che ci aveva consigliato la guida. Ci sarebbe piaciuto infatti pranzare nell’agriturismo Parco Leone, ma non avendo prenotato per tempo non è stato possibile. Quindi, vi consigliamo di essere meglio organizzati di noi.
Ci siamo diretti invece al Ristorante La Sala Azzurra, sulla Statale 100 in direzione Bari. Non è un’osteria tipica, ma in compenso si mangia benissimo (da provare soprattutto l’antipasto misto della casa). I coperti sono molti e accanto a un ricco menù, sia di mare che di terra, c’è anche il bancone-salumeria per chi preferisce un panino imbottito. È il classico ristorante frequentato dagli autotrasportatori, quindi garanzia di cibo buono.
Come raggiungere Mottola
Mottola dista 27 Km da Taranto e circa 60 Km da Bari. Per chi giunge in autostrada (A14 Bologna – Taranto) l’uscita più comoda è la Taranto Nord (5,57 km dal centro).
Da Bari o da Taranto la città è raggiungibile rispettivamente dalla Strada Statale 100 e dalla Strada Provinciale 42 (o dalla Strada Statale 7, allungando di alcuni km)
In aeroporto, sia lo scalo a Bari che lo scalo a Brindisi sono collegati alla ferrovia. Con il treno, sia da Bari che da Brindisi, è possibile proseguire per Mottola. In aeroporto si può anche noleggiare un’auto oppure cercare un bus che porti a destinazione.
Conclusioni mon amour
Ci sono luoghi che appaiono misteriosi e che ci attirano irresistibilmente. Con l’habitat ipogeo di Mottola è andata così. E infatti prevediamo di tornare a completare l’esplorazione. La civiltà rupestre che popolò la Terra delle Gravine mostra l’operosità dell’uomo sin dai tempi più remoti e il suo vivere in continuità con la natura. La capacità di farsi largo nel ventre della terra ci rimanda a una civiltà ctonia, mediterranea. Che cercava nel profondo non solo soluzioni per vivere e ripararsi dal freddo o dai nemici, ma anche una spiritualità essenziale e raccolta.
La fascinazione esercitata dalle grotte ne ha fatto il set di un film pluripremiato. Qui, infatti, nel 2015 Matteo Garrone ha ambientato una delle tre novelle che costituiscono il Racconto dei racconti. In particolare, la Novella della Pulce in cui una principessa viene data in sposa a un orco che la conduce con sé nella sua grotta. E a noi sembrava davvero che l’orco dovesse prima o poi spuntare dalla bocca in penombra di una delle numerosissime spelonche aperte sulla gravina.
Mottola rupestre: cosa vedere. Ora lo sapete, non vi resta che organizzare al più presto la vostra gita. E magari condividere con noi la vostra esperienza. Vi aspettiamo nei commenti!
