Marco Bocci ci dice che in provincia si sogna sbagliato. E lui la provincia la conosce bene. Ci è nato. Ne è scappato per inseguire la sua carriera di attore. E ci è ritornato. Da qualche anno. In cerca di uno stile di vita più sano. Nostalgico del ritmo lento e della dimensione umana che si respira nei piccoli paesi, lontani dalle mode, dalle tendenze, dal rumore metropolitano.
Per Marco Bocci, attore fascinoso di numerose fiction di successo, la provincia è stata alternativamente gabbia e culla. Una condanna e una casa a cui fare ritorno. Perciò ha deciso di raccontarla e ha pubblicato da poco (ndr. Il 27 Ottobre 2020) un romanzo dal titolo accattivante: “In provincia si sogna sbagliato”. È la storia, a tratti autobiografica, di un giovane che sogna di diventare un attore e vive il suo piccolo paese come una prigione.
Di solito, lo confessiamo, non leggiamo libri di attori, cantanti e calciatori, un po’ per pregiudizio, un po’ perché i nostri interessi virano in altre direzioni. Ma questa volta abbiamo provato, incuriositi da una narrazione che si occupa del nostro tema preferito.
Ci siamo lanciati nella lettura pieni di speranze, in buona parte deluse. Qui sotto vi spieghiamo perché. Continuate a leggere.
Scheda
Titolo: In provincia si sogna sbagliato
Autore: Marco Bocci
Casa Editrice: Mondadori
Collana: Novel
Anno: 2020
Pagine: 216
Prezzo: 18.00 £.
In provincia si sogna sbagliato: l’argomento
Fantignole è un paese immaginario che rappresenta i borghi dell’Italia centrale, in particolar modo quelli umbri in cui l’autore e sua moglie Laura Chiatti sono nati: rispettivamente Marsciano (Pg) e Castiglione del lago (Pg). Ci sono le mura. Le strade acciottolate e le case di pietra. La lunga scalinata verso la chiesa. La piazzetta centrale su cui si affaccia l’unico bar, l’unico cinema, l’edicola e poche altre botteghe. E poi ci sono i paesani, immobili nei loro sogni mancati, nelle loro vite sempre uguali. Il nome Fantignole rimanda a una parola dialettale che indica le convulsioni e quindi, in senso lato, l’inquietudine. I pensieri indisciplinati. Sogni che fra le mura del paesello, per quanto pittoresche, calzano stretti. Ed è ciò che più ci è piaciuto del romanzo.
Mirko, il protagonista, abita qui. Ha 28 anni e sogna di diventare un attore scontrandosi spesso con suo fratello Pietro, grande lavoratore e portatore di una visione del mondo meno velleitaria. La possibilità di realizzare il suo desiderio di fuga gli si presenta quando viene a sapere di un casting a Perugia. Mirko è certo che la parte da protagonista sarà data a lui. Perché è bello come il poster di Marlon Brando che campeggia in camera sua e perché nessuno ne dubita. In realtà non ha mai studiato recitazione (né molto altro) e le vicende saranno più complicate del previsto.

I personaggi
La storia è ambientata nei primissimi anni Duemila, ma il paese descritto sembra indietro almeno di trent’anni e la gioventù che lo abita ha qualcosa degli adolescenti di Amarcord o del Ragazzo di campagna nel film di Pozzetto. Eppure si tratta di trentenni! Amici bloccati in un’adolescenza senza fine che trascorrono le giornate fra goliardate, sbronze e un erotismo più immaginato che vissuto.
Lontana dalla città, la provincia appare un micro-luogo da cartolina. Sganciato dal mondo moderno come un borgo dell’entroterra negli anni Trenta. E anche Mirko rinchiuso nella sua cameretta con la musica a palla (… ma ha 28 anni, cribbio!) sembra un ragazzo scollato dal principio di realtà. Per esempio, il suo unico viaggio di andata e ritorno a Perugia è un’Odissea. Mirko è confuso di fronte agli orari ferroviari, terrorizzato all’idea di perdere il treno, del tutto impacciato come (forse) accadrebbe a un tredicenne al suo primo viaggio da solo.
Mirko sente il peso delle aspettative che lui stesso ha creato in paese. Dove per tutti è l’attore. Agli antipodi c’è Pietro, il fratello maggiore, che non ha mai messo in discussione il suo essere provinciale. Che non ha grilli per la testa, ma lavora e strapazza Mirko, beatamente bamboccione, nullafacente e cocco di mammà. Date queste premesse l’epilogo è inatteso. Ma la maturità preclusa a entrambi.
In provincia non si cresce, non si diventa uomini.
I personaggi femminili sembrano citazioni felliniane, a minore: Carlotta richiama Gradisca di Amarcord. La moglie del fornaio corrisponde alla Tabaccaia. Sandrin è enigmatica come Volpina. E poi Giulia, mamma chioccia. E Laura, la donna amata, la cui presenza non riesce a essere determinante nello sviluppo del racconto. Ma aggiunge i sospiri e i batticuori in una storia d’amore a metà.
In provincia si sogna sbagliato: lo stile
Il narratore parla come i suoi personaggi. Una lingua che attinge al parlato e che nelle prime pagine abusa di deittici: “quella strada”, “quella città”, “quella voglia”, “quel desiderio”. Rispecchia l’orizzonte culturale dei personaggi narrati e si offre a un lettore che ha confidenza con il gergo adolescenziale. Abbondano i dialoghi e il ritmo è veloce. Il romanzo si legge in fretta. In alcuni passi si ha la sensazione che il libro ammicchi già a una rappresentazione cinematografica. Molte scene, infatti, hanno dialoghi e gag da commedia. Battute che si prestano a una recitazione caricata. Raccontano il mondo da cui proviene Marco Bocci, che è lo sceneggiato televisivo più che la provincia.
Per quanto molti episodi, su dichiarazione dello stesso autore, siano autobiografici, si sente la mancanza di una voce intima. Forse un’autobiografia vera e propria avrebbe eliminato l’eccesso di romanzesco e arricchito di sfumature e mezzi toni la rappresentazione.
Conclusioni mon amour
Marco Bocci con In provincia si sogna sbagliato ha dimostrato che l’interesse verso il mondo di provincia è più forte che mai. E ci motiva a continuare il nostro viaggio fra i libri che se ne occupano.
Cosa ci è piaciuto? L’oscillazione fra la voglia di fuggire e quella di restare. L’analisi di uno stato d’animo in cui molti di noi provinciali si riconoscono. Tuttavia complessivamente la storia di Mirko e Pietro in molti passaggi appare poco credibile. Mondo chiuso, pettegolo, senza sbocchi. Teatro di drammi pirandelliani e frustrazione, la provincia non ne esce bene e ce ne dispiace. Non perché cercassimo una rappresentazione positiva ad ogni costo. Piuttosto perché ci aspettavamo uno sviluppo più verosimile, meno “cinematografico”.
Lo consigliamo a chi cerca una lettura facile. Un intreccio con colpi di scena. Una spruzzata di romanticismo. Voto: sei meno.
