Malinverno di Domenico Dara è un omaggio alla letteratura e alla Calabria che rivivono nei nomi e nei cognomi dei bizzarri abitanti di Timpamara. Malinverno è un romanzo che attraversa il tema della morte in tutte le sue sfumature. Vi si intrecciano storie bislacche e malinconiche che confluiscono con naturalezza nella vicenda principale. Astolfo Malinverno, bibliotecario e guardiano del camposanto, ci guida nel suo piccolo mondo fatto di sogni e di romanzi. Lui è – e ne va orgoglioso – della stessa sostanza dei Don Chisciotte e delle Madame Bovary sparsi per il mondo. Visionari e solitari incapaci di distinguere la letteratura dalla realtà.
La nostra recensione nasce, questa volta, dalla partecipazione a una lettura condivisa. Il romanzo è stato scelto, infatti, dal gruppo Leggo Letteratura Contemporanea che, da diversi anni, riunisce su Facebook migliaia di bibliofili. Ci è sembrato interessante confrontarci con altri lettori e soprattutto avventurarci nelle plaghe di una provincia italiana onirica e tutta letteraria.
Volete saperne di più? Continuate a leggere senza temere lo spoiler!
Scheda
Titolo: Malinverno
Autore: Domenico Dara
Casa Editrice: Feltrinelli
Collana: I Narratori
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 331
Prezzo: 18,00 £ (edizione cartacea)
Malinverno – Domenico Dara: l’argomento
Cos’hanno in comune biblioteche e cimiteri? Le storie.
Per questo non ci stupisce che a Timpamara, Astolfo Malinverno ricopra al contempo il ruolo di bibliotecario e quello di guardiano del cimitero. Astolfo mette in ordine, abbellisce, riscrive regole e finali, plasma il mondo attorno a sé con dolcezza e ci conquista. In lui c’è una profonda pietas le cose, le persone, i luoghi. Per tutto ciò che è fragile e finito. Come l’Astolfo dell’Orlando furioso che va sulla luna e vi trova tutto ciò che in terra si è perduto, anche Astolfo Malinverno procede fra storie mancate e rimpianti. Il suo innamoramento per la foto su una tomba mette in moto la macchina narrativa. Così ci troviamo coinvolti in una vicenda imprevedibile in cui la suspense è diluita dall’innesto di racconti secondari. Piccoli aneddoti che hanno la grazia di certi epigrammi alessandrini e la tristezza dei sogni troppo brevi.
I personaggi del romanzo
I personaggi che ruotano attorno a Malinverno sono molti. Emma/Ofelia e suoi occhi profondi. Elia il Risuscitato, Mopassant e i suoi calcoli, Margherita la sposa. E poi Caramante e le bobine, il cane. E tantissime altre figure evanescenti che compongono un mosaico in cui non ci si annoia e non ci si rattrista sebbene la morte faccia da collante a ogni tessera. Col suo carico di ingiustizie e insensatezze, di progetti interrotti e di mistero.
Gli abitanti di Timpamara hanno il nome dei personaggi dei libri – a volte un po’ storpiati, a volte perfetti – e, come cognome, i toponimi dei paesi calabresi. Villapiana, Corigliano, Bovalino. Il loro passaggio evoca una geografia fantastica e – secondo noi – tutta piena d’amore. E ci è sembrato quasi di aver fatto un viaggio lungo una Calabria sognata, percorsa dal vento di ponente che viene dal mare. Con cardi che spuntano selvaggi e vecchi edifici monumentali.
I luoghi del romanzo
Timpamara è un paese colonizzato dalla letteratura. I fogli dei libri che sfuggono al macero svolazzano nel cielo e si posano dappertutto. Così tutti si lasciano conquistare dalle meraviglie della letteratura e non possono più farne a meno. Sulle prime, sembra il paradiso di ogni lettore. A guardarci dentro, però, si scorgono solitudini e rimpianti, amori mancati e fantasie solitarie. Un universo dolente, benché bizzarro. Che oscilla, così come Malinverno, fra la biblioteca e il camposanto.
In ogni angolo di Timpamara, su davanzali, panchine, portabagagli delle auto, sui sacchi della spazzatura e perfino sui cappelli delle signore, poteva trovarsi la pagina di un romanzo: quando le genti la raccoglievano la leggevano, e se non piaceva non la buttavano ma l’appoggiavano da qualche parte, nella fioriera del marciapiede o su un gradino, fermata da una pietra affinché qualcun altro la prendesse; se piaceva, invece, la portavano a casa e la conservavano. Leggevano tutto e tutto serbavano …
Timpamara è un piccolo paese in cui ci si sposta a piedi, sospeso in un tempo non meglio specificato. Ha una biblioteca frequentata, il macero, alcune botteghe, un mulino, una chiesa per celebrare nozze e funerali, e un cimitero con viali e quartieri. Una città nella città dove c’è posto per tutti: animali, cose e persone. La dimensione di provincia si coglie nei ritmi lenti e nella rete di reciproche conoscenze. Nei soprannomi e nei pettegolezzi. È tuttavia una provincia che scolora nel sogno. Gli stessi luoghi entro cui si muovono i personaggi, per quanto realisticamente e minuziosamente descritti, hanno la forza e la profondità dei simboli.

Malinverno – Domenico Dara: la struttura narrativa e lo stile
Il romanzo si divide in 46 capitoli senza titolo. Diversi racconti fluiscono nell’ordito narrativo senza tuttavia staccarsi nettamente dalla storia principale, come si avrebbe in una struttura classica a cornice. Essi costituiscono diverse sfumature e infinite modulazioni dello stesso tema: amore e morte. Un binomio che percorre la letteratura di ogni tempo e di ogni luogo. E qui resa meno tragica dalla bizzarria dei personaggi, da un taglio umoristico, pirandelliano. La voce narrante è quella del protagonista, Astolfo Malinverno. Guardiamo il mondo con i suoi occhi e condividiamo i suoi sogni, gli spasimi d’amore, le antiche tristezze. E, molto più, la delicatezza con cui offre al mondo la sua generosità.
La scrittura di Domenico Dara
La scrittura di Domenico Dara è qui fortemente letteraria e coerente con la scelta del narratore: un uomo imbevuto di letteratura. Il tono di voce ricorda la prosa dei romanzi del primo Novecento con una ricerca lessicale preziosa. Soprattutto quando il protagonista si abbandona a ricordi e riflessioni. Eppure ciò che ci resta, dopo l’ultima pagina, è la sensazione di una dolcezza di fondo. La capacità di raccontare temi immensi senza mai scadere nella banalità o – peggio – nel pathos. Con una leggerezza che sa farci sorridere e commuovere al contempo.
Conclusioni mon amour
Malinverno di Domenico Dara è stata una lettura insolita, diversa dalle altre concluse di recente (con Piccola Osteria senza parole, La Piccola). Siamo perciò felici di condividere la nostra recensione e non vediamo l’ora di confrontarci con gli altri lettori che, come noi, la stanno affrontando in questi giorni. Ci è piaciuta l’idea di attraversare un luogo che somiglia alla provincia pur senza identificarsi precisamente in un posto reale. Una Calabria onirica e malinconica.
Consigliamo questo romanzo soprattutto a quanti, come noi e come Malinverno, sono affetti da un consapevole bovarismo. Ossia dall’amore per i libri che nutrono la testa di sogni e fantasie. A quanti per un giorno vorrebbero vivere sotto la pioggia di fogli e di storie di Timpamara. E infine a chi, almeno una volta nella sua carriera di lettore, si è dilettato a riscrivere i finali dei libri più amati. A noi, come ad Astolfo, è capitato…
“Qui, una sera, mentre Emma è alla finestra sognante, illuminata dalla luce debole della lampada, don Chisciotte la vede e se ne innamora e va da lei, e le racconta del suo amore e dei regni che l’aspettano e la chiama inchinandosi Dulcinea del Toboso. Emma si volta, vede per terra gli stivali spillaccherati di Charles, chiude il libro che tiene in mano e sale su Ronzinante. E io li vedo andare via insieme, questi due esseri simboli di quell’umanità colpevole di sognare troppo e di pensare che sia sogno, la vita”
Voto: nove
