Le isole di Norman di Veronica Galletta è un romanzo dal ritmo ipnotico. Ha il languore dei paesaggi mediterranei assolati e aridi in cui l’opulenza delle architetture si mescola a un senso di sgretolamento. E per usare una categoria letteraria canonica, diciamo pure che “Le isole di Norman” ha un sapore decadente. Lo stesso titolo allude alle cheloidi sul corpo della protagonista, simili a isole britanniche, arcipelaghi di carne in sofferenza. Il romanzo è tuttavia un tributo a un’altra isola, Ortigia, pellegrinaggio fra vicoli e monumenti. Viaggio nel profondo scandito da numerosi dialoghi, pensieri malinconici, memorie frammentate.
Abbiamo deciso di recensire quest’opera perché racconta perfettamente il sentimento di provincia: nostalgie, indolenza, lentezza, un perimetro ristretto da spremere fino al succo. Una lateralità consapevole e orgogliosa che si manifesta nella separazione (fisica, simbolica e culturale) di Ortigia dalla terra ferma.
Al centro della narrazione ci sono i luoghi colti nella loro vivida plasticità, ma anche l’inconscio della protagonista che si materializza nelle peregrinazioni labirintiche. In una dolente flânerie che tocca bellezza e degrado, itinerari non-turistici ma personali.
Con questo libro Veronica Galletta è stata finalista alla XXVIII edizione del Premio Calvino e vincitrice del Premio Campiello Opera Prima per la 58esima edizione. Dobbiamo ammettere che l’originalità della trama ci ha spiazzato. Dall’inizio alla fine non sapevamo infatti che cosa aspettarci e buona parte delle nostre previsioni si sono rivelate inesatte. È uno dei motivi per cui dovreste leggerlo. L’altro è senza dubbio il tema, a noi caro, della mappatura dei luoghi che ci ha fatto pensare alle carte emozionali di Christian Nold.
Intanto se vi abbiamo incuriositi continuate a scorrere la nostra recensione (senza spoiler, come sempre).
Scheda
Titolo: Le isole di Norman
Autore: Veronica Galletta
Casa Editrice: Italo Svevo
Collana: Incursioni
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 293
Prezzo: 18,00£ (edizione cartacea)
Curiosità: le pagine sono intonse. Per procedere alla lettura bisogna tagliarle: è un’esperienza antica e materica.

Le isole di Norman – Veronica Galletta: l’argomento
Elena ha 19 anni vive a Ortigia con i suoi genitori. La madre trascorre ore chiusa nella sua stanza a impilare libri secondo un ordine misterioso, che varia da un giorno all’altro. Elena, di nascosto, mappa la posizione dei libri ritenendolo un codice, una strana forma di comunicazione. Quando sua madre scompare senza lasciare traccia, Elena la cerca in ogni punto dell’isola, guidata dalle carte che ha realizzato e lasciando, come ex-voto, un libro dopo l’altro. Spera che sua madre, ovunque sia, li raccolga.
Le lunghe peregrinazioni sono occasione di incontro con personaggi bizzarri, ognuno dei quali ha una storia, una visione della vita (malinconica e bislacca) da condividere. Ogni incontro è per Elena occasione per riflettere e recuperare le tracce di un passato che sfugge. Dalla memoria emerge infatti – fra mille sbavature – il ricordo di un’esperienza drammatica che suo padre ostinatamente non vuole rievocare o chiarire.
I personaggi del romanzo
Elena, la protagonista, si porta addosso una tristezza diffusa, un senso di separazione dagli altri che la rende straniata e straniante. Il suo sguardo si posa sui libri e sui luoghi che legge in egual modo per cercare di decifrare il passato e la propria anima. Nonostante gli sforzi, e benché si racconti spesso agli estranei che incontra lungo il cammino, sembra incapace di comunicare con le persone a lei più vicine. Il rapporto tra Elena e il padre è all’insegna delle reticenze, dei silenzi, dei piccoli tradimenti. Aleggia su tutte le pagine un dolore misterioso e indefinito. Gli stessi genitori di Elena sono personaggi ambigui nella relazione fra loro e con la figlia. Sulla vecchia casa che guarda il mare gravano molti non-detti. Ferite lontane e figure fosche.
I personaggi secondari hanno invece l’indolenza incantata dei personaggi di “Conversazione in Sicilia”, la stessa saggezza semplice e profonda. Non è un caso che il romanzo di Veronica Galletta si apra proprio con una citazione del romanzo di Elio Vittorini.
“Verde, bianco, blu. A cosa serve vivere immersi in tanta bellezza? È consolante? Aiuta? Fa vivere meglio? O è forse solo camminare sulle vestigia del passato?, si chiede adesso su quella panchina. Elena desidera solo la neve, una spessa coltre di neve bianca che arrivi a ricoprire tutto, come quando era piccola. Ma in fondo cosa ricorda di quando era piccola?”
I luoghi del romanzo
I luoghi del romanzo “Le isole di Norman” non sono solo uno sfondo. Hanno una fisicità che sembra sbalzare fuori dalla pagina. Si impongono come protagonisti a tutto tondo con i colori mediterranei – il verde, l’azzurro, il giallo della luce meridiana – e con gli odori molto carichi, corrotti. L’isola di Ortigia, un fazzoletto di terra, è descritta nei suoi spazi turistici e nei suoi spazi quotidiani: il Castello Maniace, il Molo, il Carcere, il Tempio di Apollo, i vicoli labirinto, la Giudecca, le piazzette. Ci sono angoli nascosti e angoli affollati. E tutti gli elementi che dipingono – a tinte forti – la provincia mediterranea, il Sud assolato e disfatto. I bassi delle case tradizionali. Il mercato con i suoi rifiuti grassi. L’edicola votiva dal vetro opaco. La Santa in processione. I cani in branco, i gatti torturati.

Gli umori della città emergono dalle strade percorse da raminghi e da randagi, dalle architetture e dal racconto del folklore. Le descrizioni non sono un’appendice ma si caricano di significati profondi. Sono la trama di una geografia memoriale e inconscia. Tanto intima da risultare indecifrabile, eppure – secondo il nostro punto di vista – affascinante. La protagonista percorre l’isola secondo mappe emotive che ci ricordano molto gli esperimenti sulla deriva. Persino il suo corpo con le cicatrici che sembrano isole è una mappa vivente. È come se la geografia emozionale trovasse qui compiuta espressione narrativa. Tridimensionalità.
“Per gli abitanti girare per Ortigia non è solo passeggiare, prendere aria, portare fuori il cane, digerire il pranzo della domenica. È misurarsi con la terra, carezzare con le piante dei piedi le irregolarità di uno scoglio largo non più di un chilometro e lungo meno di due, che è roccia e barocco, spazzatura e grifoni, ma che è loro, solo loro, di quelli che hanno deciso di vivere là contro ogni logica”
Le isole di Norman – Veronica Galletta: la struttura narrativa e lo stile
Le isole di Norman di Veronica Galletta si compone di 30 capitoli caratterizzati da titoli brevi, alcuni nei quali riportano le coordinate di una battaglia navale e il luogo corrispondente. La narrazione è eterodiegetica ma con focalizzazione interna quasi sempre fissa sul personaggio di Elena, la protagonista. Presente e passato si alternano in un movimento ondivago. Rappresentano rispettivamente la queste (della madre, della propria identità, di un senso) e la memoria (inaffidabile, sfocata, intermittente). Il romanzo si colloca nei primi anni Novanta ma sono pochi i riferimenti cronologici precisi: gli avvenimenti sembrano galleggiare in un tempo lento e indefinito.
La scrittura è corposa, capace di dare volume a cose e persone. Le descrizioni giocano un ruolo fondamentale e attraversano i territori molto diversi. Dall’espressionismo (l’uomo con il polpo in faccia, il sangue del pesce al mercato, gli odori sgradevoli, il gatto dalla coda spezzata) alla poesia più sfumata (con i colori della marina e delle ortensie). Su tutto si adagia una languida malinconia.
I dialoghi e l’intertestualità
Altro elemento interessante sono i dialoghi che spesso non hanno funzione narrativa. Sembrano piuttosto pause di riflessione e di confronto. Scandiscono i numerosi incontri della protagonista con gli isolani e rievocano, nel ritmo e nelle voci, la trasognata Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini. O anche alcune opere un po’ oniriche di Tabucchi (Requiem, Notturno indiano).
L’intertestualità e l’omaggio alla letteratura, del resto, sono un aspetto importante nel romanzo che cita più volte L’isola del tesoro, La montagna incantata e, su tutto, Le Isole di Norman Davies. Titoli e libri rappresentano la grammatica affettiva che lega Elena a sua madre. Un filo rosso che la aiuta, finché è possibile, a non perdersi.
Conclusioni mon amour
Le isole di Norman – Veronica Galletta: la nostra recensione ci ha condotto in territori inesplorati. È stato un vero e proprio viaggio che abbiamo affrontato senza capire, per buona parte del tragitto, dove ci avrebbe condotto. Il romanzo ci ha permesso di confrontare l’Ortigia letteraria e quasi onirica presente nella narrazione con quella delle rotte turistiche puntualmente fotografate e condivise sulle reti social.
Avevamo aspettative alte su questa lettura. Come è andata?
Abbiamo conosciuto l’autrice attraverso un racconto dedicato al porto di Livorno (lo trovate in Dispacci italiani vol.1) e ci ha colpito per la capacità di far vivere i luoghi. Di sottolinearne la drammaticità. L’aspetto emotivo legato allo spazio, anzi che nasce dallo spazio. Abbiamo cercato altre sue opere e ci siamo imbattuti ne Le isole di Norman, l’esordio.
Il romanzo ha confermato l’impressione maturata leggendo il racconto. Lo abbiamo sentito particolarmente vicino alle nostre corde e capace di creare un sedimento nel nostro immaginario. Immagini e situazioni le ricorderemo spesso. Perciò consigliamo il libro a chi come noi ama i romanzi da sgranare con lentezza e capaci di raccontare il sentimento di un luogo. Il suo umore profondo. Le isole di Norman di Veronica Galletta apre molte ferite: basterà a lenirle la bellezza abbacinante dell’isola? Lasciamo a voi lettori il compito di scoprirlo.
Voto: otto e mezzo
