La Piccola di Paola Azzoni è la storia di una cascina senza terra e di molte rinascite. La prima, in ordine di tempo, racconta proprio la trasformazione del casale – La Piccola – in una locanda, dove si seve la sfoglia tirata a mano e il buon vino. Un porto sicuro all’ombra di un’antica Pieve.
Paola Azzoni ha scritto un romanzo fluente e generoso che affronta il tema dell’accoglienza. Ci racconta in chiave evangelica la ricerca caparbia e ostinata del bene, anche quando tutto sembra perduto e gli steccati dell’indifferenza altissimi. Così come “Un tempo Gentile” di Milena Agus, anche “La Piccola” narra di un paese alle prese con i migranti. Ne La Piccola vibrano però corde più emotive e l’impianto non è del tutto corale. Nel grappolo dei personaggi si distingue, infatti, una protagonista che fra la locanda e la Pieve trova un tempo e uno spazio per una nuova bellissima fioritura.
Perché una recensione su Provincia Mon Amour?
Per prima cosa perché sin dalle prime pagine la provincia ci viene addosso con i suoi umori. In un profluvio di particolari: i portici, la bocciofila, i bar, le borse delle mamme davanti a scuola, la santella. E poi perché ce lo chiedono la stessa autrice e la casa editrice nelle pagine finali del romanzo. Un invito che abbiamo colto al volo perché ci è sembrato un ponte lanciato verso noi lettori.
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Cosa troverai in questo articolo
Scheda
Titolo: La Piccola
Autore: Paola Azzoni
Casa Editrice: Gilgamesh Edizioni
Collana: Anunnaki Narrativa
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 319
Prezzo: 14,25£ (edizione cartacea)
La Piccola – Paola Azzoni: l’argomento
Nel romanzo di Paola Azzoni si intrecciano due temi apparentemente lontani: il percorso di rinascita di una donna sopravvissuta a un marito violento e l’arrivo dei migranti in una piccola comunità di provincia. I due filoni si fondono subito perché la violenza è violenza in ogni sua forma. E le cicatrici che restano, fuori e dentro, sono comuni. Tra sopravvissuti ci si riconosce al volo e ci si aiuta.
Siamo nella Bassa, nel cuore umido della Pianura Padana. Dove si annodano agnolotti e il tempo dei pensionati è scandito da un bicchiere di vino e dal liscio. Immaginate una piccola comunità e le sue abitudini: il rosario al mese di maggio, le chiacchiere alla locanda, le serate di liscio con la bella stagione. E poi le feste comandate, i matrimoni, le notizie al TG. Si schianta su questo microcosmo l’arrivo dei migranti. La gente non è pronta. È spaventata. Razzista più per pigrizia che per convinzione. Ma capace anche di piccoli eroi de. Fra questi c’è la protagonista: Cristina. Intenta a costruire dai cocci una nuova vita per sé e per gli altri.
Le ruotano attorno moltissime figure come in un romanzo ottocentesco. Alcune fondamentali come Rocco, il burbero proprietario de La Piccola, o Bruno, l’archeologo-lavapiatti, custode di bellezza sommersa e di sogni da cui ripartire. Altre più sullo sfondo, ma comunque intense, come la giovane Lucy e il figlioletto Seikou. Altre meschine, segno del male che serpeggia ovunque. Altre fugaci. Comparse che si incastrano bene in un mosaico naturale. E anche compagni di viaggio durante una lettura che si vorrebbe far continuare ancora oltre il punto conclusivo.

La Piccola – Paola Azzoni: la struttura narrativa e lo stile
“La Piccola” si compone di un prologo e di 44 capitoli caratterizzati da un breve titolo che ne fotografa il protagonista o il passaggio-chiave. La voce narrante, onnisciente, interviene spesso con commenti e considerazioni. Guida il lettore nella vicenda, descrive i personaggi, illumina i dettagli, racconta alcuni antefatti, a volte, però, dice troppo e si ripete. Si alterna ai pensieri della protagonista che sono più densi. Si riconoscono dal resto del testo perché sono riportati in corsivo. Hanno un piglio più emozionale, un tono più drammatico.
Così procedeva la vita attorno alla Piccola, in quel paese della bassa padana simile a tanti altri. Le generazioni passate avevano vissuto in simbiosi con la terra, alcuni erano nati e morti lì, senza nemmeno sapere che esisteva un altro mondo, altri modi di vivere
Paola Azzoni ha una scrittura piacevole, ricca di particolari. Ti aggancia. Indugia sui colori, le forme, le consistenze, le sfumature dei sentimenti che maturano con lentezza. Ha sostanza, non solo parole. A volte però esonda come un fiume in piena. Vorrebbe raccontare tutto di tutti e sposta l’attenzione su dettagli secondari che indeboliscono la tensione. Peccato.
La patina di romanticismo sul finale e un effetto sorpresa di troppo non ci hanno convinto (per gusto personale). Tuttavia i mille rivoli dell’intreccio ci danno la sensazione di una narrazione d’altri tempi, abbondante e sincera. E questo sì, ci piace molto.

Conclusioni mon amour
“La Piccola” di Paola Azzoni ci ha posto di fronte a una provincia capace di reagire positivamente alle difficoltà. Una cascina ferita dalla costruzione di una strada si reinventa e diventa una locanda di successo. E così i personaggi che la attraversano. Sembra che la luce della piccola Pieve e della sua madonnina proteggano il micro-mondo che le circonda dalle meschinità dell’uomo. Senza però negare l’esistenza del male, senza edulcorarlo.
Fra gli aspetti del romanzo che più abbiamo apprezzato c’è lo spazio dedicato all’archeologia, alla scoperta di un’antica villa con i suoi affreschi proprio ai piedi della chiesetta. Una bellezza nascosta pronta a venire alla luce, protetta e valorizzata. Un po’ come succede a Cristina.
La provincia italiana, però, non sempre è così lungimirante. Molte volte i tesori del sottosuolo sono visti e trattati come una minaccia agli affari e la bellezza soccombe sotto il peso di cemento e capannoni. Appia di Paolo Rumiz ce lo insegna.
Consigliamo La Piccola a chi vuole viaggiare in un posto assolato, fra stradine da percorrere in bicicletta e serate di mazurca sull’aia sotto un filare di lucine ondeggianti. Bello, no?
Leggetevi il romanzo, allora. E diteci cosa ne pensate.
Voto: otto
