Vi proponiamo oggi la lettura di Gente in Aspromonte con l’analisi dei luoghi e dei paesaggi. Un viaggio nell’ultima propaggine d’Appennino. E sarà un’immersione nella Calabria selvaggia e nascosta di Corrado Alvaro, fra tratturi e mulattiere percorse dai pastori. Sul massiccio che fu nefasto anche per Garibaldi e che Paolo Rumiz definisce “alto come un transatlantico nel mare senza fine”. Ma noi non ci accontentiamo. Vogliamo capire quanto di quel mondo si conservi ancora adesso e che cosa abbiano da offrire a un viaggiatore moderno i luoghi che la letteratura ci mostra pieni di poesia e di sofferenza.

Gente in Aspromonte fu pubblicato nel 1930. Raccontava un mondo di passioni cruente e di ingiustizie che si scontravano con l’ottimismo dell’ideologia fascista. È una raccolta di racconti che fa luce su una terra ancor oggi poco conosciuta e chiusa. Dura nell’aspetto e nel carattere. Corrado Alvaro la conosceva bene. Era originario di San Luca (RC), alle falde dell’Aspromonte. Aveva abbandonato il suo paese subito dopo la prima guerra mondiale. Ma non smise mai raccontarlo nella sua attività di scrittore e di giornalista, dal Corriere della Sera, al Mondo, alla Stampa. La sua è stata la voce di un intellettuale meridionale che ha portato il racconto del Sud nelle moderne e lontanissime redazioni del Nord Italia.
Scheda
Titolo: Gente in Aspromonte
Autore: Corrado Alvaro
Anno della prima pubblicazione: 1930
Casa Editrice: Garzanti
Collana: Garzanti grandi libri/ Novecento
Anno: 2017
Pagine: 197
Prezzo: 10,00 £
Gente in Aspromonte: analisi dei contenuti
L’opera è composta di 13 racconti. Il primo, più lungo e articolato, dà il nome all’intera raccolta e ci introduce nel mondo dei pastori. I protagonisti sono l’Argirò e i suoi figli, Antonello e Benedetto. I pastori sono vittime di una vita dura e sono sottoposti alle ingiustizie dei signori Mezzatesta, gli unici possidenti del borgo e padroni di tutti gli animali. Il racconto narra del desiderio di un riscatto sociale. Argirò vorrebbe che Benedetto diventasse un prete e sia lui che Antonello pagano i suoi studi al prezzo di grossi sacrifici. Ma i bastardi di Filippo Mezzatesta incendiano la stalla uccidendo la mula di Argirò e infrangendo i suoi sogni. A questo punto l’unica via d’uscita è data dal banditismo. Antonello, infatti, che fino ad allora aveva lavorato come manovale, si vendica dei torti subiti. Con incendi, scorribande e razzie ai danni dei signori si dà alla macchia. Fino all’epilogo che non sveliamo.
I racconti minori toccano svariati argomenti senza mai allontanarsi dal mondo dalla cornice d’Aspromonte. Passioni improvvise, superstizione e fede, amori sfortunati e amori delicati, omicidi, rancori. Tutto concorre a dipingere una realtà sanguigna e sfaccettata che vibra su più corde. Sullo sfondo, la questione meridionale dopo l’unità d’Italia e le sperequazioni economiche tra i pochissimi possidenti e la maggior parte dei contadini e pastori.
L’incipit
“Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque”
Il romanzo ha un incipit lirico. Ha la lentezza dei passi e della vita dei pastori e ce la racconta attraverso gli oggetti, i gesti, la vicinanza fisica ed emotiva agli animali. Le pagine di esordio rappresentano un’ampia descrizione che precede le sequenze narrative e l’introduzione dei protagonisti. Il narratore, infatti, ci accompagna nella storia a piccoli passi. La sua voce ha sempre un tono malinconico, un afflato elegiaco che smussa passioni e tragedie dei singoli. Anche i racconti minori mantengono con coerenza queste caratteristiche. Non si avverte uno scarto fra le storie benché personaggi e vicende siano diversi.
I personaggi
Nei racconti incontriamo la gente d’Aspromonte, una carrellata di pastori, briganti, giovani in cerca di fortuna, emigranti, zingari e zingare, giovani donne appassionate e volitive. Fanno parte di una società piena di steccati e di regole ingiuste, colta in una dimensione atemporale e atavica. Alvaro non li presenta mai in una coralità indistinta. I personaggi, infatti, sono tutti individualmente caratterizzati: hanno voci e temperamenti diversi. Per quanto facciano parte tutti dello stesso orizzonte culturale e patiscano le stesse privazioni, hanno reazioni e sensibilità differenti. Si ha perciò un ambiente umano che è allo stesso tempo omogeneo e vario, coerente ma ricco di sfumature. Perciò affascinante.
C’è posto per la ribellione e c’è posto per la rassegnazione.
Gente in Aspromonte: analisi dell’ambiente e del paesaggio
Per Gente in Aspromonte l’analisi dei luoghi è fondamentale perché, accanto ai personaggi, è proprio il paesaggio il grande protagonista della narrazione. Lo capiamo già dal titolo e dalla lunga cornice descrittiva con cui si apre il racconto principale. L’Aspromonte arriva a noi con potenza e poesia. Attraverso il rumore assordante dei torrenti. O dagli strapiombi su cui si inerpicano le mulattiere – percorsi rischiosi da cui uomini e bestie precipitano senza ritorno. Un paesaggio impenetrabile, di antri e caverne, allagato da temporali rovinosi, scosso dai venti. La descrizione è plastica, vibrante di suoni che si rincorrono dal fitto della vegetazione alle spelonche. E la natura appare tutta animata di voci, di una vita segreta che pulsa anche di notte.

L’Aspromonte di Alvaro è anche un luogo mitico e simbolico dove tutto può accadere. Rapimenti, incendi, indicibili rovine e grandi amori. Il suo orizzonte è dato dal mare su cui il massiccio svetta e che per i pastori rappresenta un luogo lontano, estraneo. Sembra piuttosto che i protagonisti del racconto non riescano ad allontanarsi dalle montagne o, se sono lontani, sentano il bisogno di ritornare. Come se le rocce brulle avessero una forza attrattiva e vischiosa.
I piccoli paesi che sorgono nelle vallate o fra le rocce scabre non vengono indicati con un nome preciso. Restano contrade oscure. Come nelle fiabe o nel mito, la toponomastica manca. Non mancano però i dettagli che danno forma alle cose, ai miseri interni delle capanne o alle dimore dei signori. Giungono al lettore con urgenza tutti gli oggetti che un mondo antico, quasi perduto. Caldaie, treppiedi, sacchi, pelli, bastoni contorti, anelli sono espressione di mestieri che la modernità ha polverizzato: stagnini, calderai, arrotini, ambulanti, nomadi. Un’umanità minore figlia della stessa montagna e di cui Alvaro vuol lasciare memoria.
Santuari e pellegrinaggi
Un ruolo interessante giocano nei racconti i santuari e le feste in onore della Madonna. La devozione, infatti, diventa occasione di pellegrinaggio verso luoghi di culto sperduti fra le montagne. E il paesaggio fa da scenografia a rituali arcaici, pieni di folklore. La fede spinge i pastori a tornare nei villaggi, dalla propria famiglia, e le donne a uscire di casa o ad allontanarsi dal paese. È quindi una forza che scombussola l’ordine costituito. Foriera di disgrazie proprio perché portatrice di promiscuità, ma anche motore narrativo potente. Nascono così viaggi pieni di imprevisti, nel cuore sacro (e labirintico) dell’Appennino. Si ha la sensazione che i personaggi dei racconti si muovano incessantemente fra poggi e voragini, fiumare e boschi. Pronti ad andare incontro al destino, qualunque ventura gli serbi.
Conclusioni mon amour
Continuiamo a sondare i rapporti fra letteratura e provincia. Ci piace infatti promuovere l’incontro fra due mondi e viaggiare nello spazio e nel tempo, fra memoria e immaginario. In particolare, Gente in Aspromonte e l’analisi dei suoi paesaggi ci conducono oggi in una terra poco visitata. Fuori dalle rotte turistiche, comprese quelle meno classiche. Molti sono da queste parti i borghi fantasma come Africo, spazzato via da un’alluvione nel 1951, o spopolati. Ricordiamo, per esempio, nel Parco Nazionale d’Aspromonte Bova che è tra i Borghi più belli d’Italia e la suggestiva frazione di Gallicianò.
Aspromonte: il borgo di Bova (RC). Fa parte dei Borghi più belli d’Italia.
Photo Credits: Archivio CANVAI borghi d’Aspromonte: frazione di Gallicianò.
Photo Cretits: Archivio CANVA
Abbiamo inoltre scoperto che a San Luca, città natale di Corrado Alvaro, c’è un Parco Letterario a lui dedicato. Il suo punto di partenza è la casa natale dello scrittore, sede dell’omonima Fondazione, ma il percorso si snoda poi lungo il centro storico e per i sentieri e i luoghi protagonisti delle sue opere. La riteniamo una bella occasione per riscattare un paese spesso assurto alle cronache per fatti di sangue e malavita.
Dal 1985 è, in fine, operativa l’Associazione Gente in Aspromonte che organizza escursioni e percorsi di trekking per tutto il massiccio. I sentieri proposti sono diversi e di difficoltà varia (ce ne sarebbero alcuni adatti persino ai bambini e alle scolaresche). Gli escursionisti che fanno parte dell’associazione, nel loro blog, raccontano puntualmente tutte le esperienze e le uscite. Si propongono infatti di far conoscere un territorio molto ricco e poco noto.
Che ne pensate?
Ancora una volta abbiamo dimostrato come a partire dalla lettura di un romanzo si possano progettare itinerari non banali e dare vita a un turismo lento. A nuove prospettive di viaggio.Se ve li siete persi, potete leggere anche i nostri articoli dedicati all’analisi dei paesaggi di Cristo si è fermato a Eboli e Fontamara.