Cristo si è fermato a Eboli ha settantacinque anni. Carlo Levi lo ha pubblicato nel 1945, dieci anni dopo il suo confino in terra di Lucania. Dapprima a Grassano, “un paese bianco in cima a un colle desolato”, ma comunque ancora troppo vicino al capoluogo. E poi ad Aliano (da lui chiamato Gagliano) che nel 1935 era costituito da un gruppo di case affacciate a precipizio su un deserto di terra biancastra. I calanchi. Cristo si è fermato a Eboli è analisi di una società ai margini, fuori dalla storia e lontana dallo Stato, ma anche immersione in un paesaggio memoriale ricchissimo. Racconto autobiografico e saggio spontaneo di geografia emozionale. Un romanzo prezioso per chi ama costruire i propri itinerari di viaggio sulla base dei paesaggi letterari. E naturalmente per chi vive la letteratura stessa come un viaggio. Come capita a noi.
Il romanzo è ambientato ad Aliano, un paesino in provincia di Matera che sorge su uno sperone argilloso. Tra vicoli, piazzette e scorci panoramici sul paesaggio lunare dei calanchi, Aliano rientra oggi tra i Borghi Autentici d’Italia. A Carlo Levi (che vi fu confinato dal regime fascista) è stato dedicato un Parco Letterario. E proprio qui, nel cimitero del paese, meta delle sue passeggiate solitarie, lo scrittore piemontese fu sepolto secondo la sua volontà. Vogliamo analizzare il romanzo soffermandoci soprattutto sul rapporto tra l’autore e i luoghi. Luoghi subìti e luoghi amati. Percorsi in preda all’infinita noia e mitici nella loro atemporalità.

Secondo noi
Questo romanzo si può leggere sotto molte chiavi e attraverso molti filtri. Negli anni è stato al centro di numerosi studi e di una corposa critica letteraria. Il nostro approccio è ovviamente più leggero, ma vuole legare “Cristo si è fermato a Eboli” a un’analisi della provincia e del modo di percepirla e interpretarla.
Scheda
Titolo: Cristo si è fermato a Eboli
Autore: Carlo Levi
Anno della prima pubblicazione: 1945
Casa Editrice: Einaudi
Collana: Super ET
Anno: 2014
Pagine:272
Prezzo: 12,00 £
Cristo si è fermato a Eboli: analisi dell’argomento
Il romanzo racconta il confino a Gagliano (Aliano) di Carlo Levi, ma non è un diario. L’autore lo ha scritto infatti a quasi dieci anni di distanza dall’esperienza vissuta. Dopo un tempo di decantazione che aggiunge alla storia la malinconia del filtro memoriale. E la distanza che smussa sentimenti passioni urgenti. Una rielaborazione che a volte non rispetta l’ordine cronologico degli avvenimenti, ma accorpa episodi accaduti in tempi diversi per esigenze narrative. O perché il ricordo volutamente mescola istanti e sensazioni.
Il titolo
Cristo si è fermato a Eboli significa che sulla costa salernitana finiva la civiltà. Le strade e la ferrovia si interrompevano come di fronte a misteriose colonne d’Ercole. Più a sud e più all’interno finivano anche i “cristiani”. E col termine di cristiani ancora oggi, nei dialetti meridionali, si indicano le persone civili in contrapposizione ai selvaggi. La Lucania pertanto si trovava immersa in uno spazio selvatico, non addomesticato. Era l’interno marginale e dimenticato. Espressione di un altro tempo e di una cultura che assommava magia, sapienza contadina, rassegnazione e sofferenza. Negli anni il titolo ha conservato tutta la sua carica espressiva. È diventato anzi proverbiale di fronte alla rappresentazione della cosiddetta “questione meridionale”.
Aliano: ovunque burroni e strapiombi dalle quinte del paese Deserto di bianche argille ondulate che si estendono a perdita d’occhio
L’incipit
La storia inizia con l’arrivo al paese dello scrittore dopo il trasferimento da Genzano. Il suo umore è cupo. Teme i tre anni che dovrà trascorrere in un paese chiuso e in preda all’immobilità. Immediatamente viene a contatto con la gente del posto: notabili e contadini. Carlo Levi, scrittore e pittore, aveva studiato medicina e subito i contadini vedono in lui un medico in cui riporre fiducia. E si presentano alla sua porta affinché curi i loro malati. A nulla valgono le obiezioni dello scrittore che afferma di non praticare la medicina da anni, la gente si fida ciecamente di lui. La frequentazione dei contadini sarà, tuttavia, preziosa: tra Carlo Levi e gli abitanti del paese si stabilisce un legame forte.
I personaggi
Alla prima uscita in piazza incontra il Segretario comunale, il brigadiere, e successivamente il podestà Luigi Magalone, detto Luigino, pieno di autorità come sua sorella Donna Caterina. Ha la sensazione che tutti si muovano in uno scenario di apatia, in preda ai loro piccoli interessi, custodi di vecchi, inutili privilegi e offuscati da odi viscerali. O, al contrario, siano fermi nella più totale rassegnazione al dolore e alla subordinazione. Non fa eccezione il parroco, odiato da tutti i paesani, e a sua volta imbevuto di profondo risentimento verso di loro. L’unico luogo dove Carlo Levi riesce a restare solo è il piccolo cimitero dove si dirige spesso col suo cane barone per dormire in una fossa. Qui conosce il becchino novantenne, un personaggio mitico, capace di ammansire i lupi e gli spiriti.
La piazza nella prima sera è luogo di ritrovo e di malinconia La piazza oggi
Trasferitosi in una casa ai margini del paese, lontano dagli occhi del podestà, gli viene affidata come donna per le pulizie, Giulia. È considerata una strega perché realizza filtri e perché ha avuto molti figli da uomini diversi. È l’unica, secondo la mentalità del paese, che possa “compromettersi” a servizio di un uomo solo. La magia fa parte della cultura mitica e ancestrale dell’ambiente e Carlo Levi la accoglie senza dare giudizi. Non tanto con lo sguardo distante del sociologo, quanto con benevolenza. La benevolenza di chi accetta con curiosità e apertura una cultura molto diversa dalla propria.
Lo straniamento
Fra incontri, dialoghi e osservazione lentamente prende forma la sua analisi del meridione e dei suoi problemi. L’arretratezza, l’estraneità allo Stato, il fenomeno del brigantaggio. Quando per la morte di un parente a Carlo Levi è concesso di tornare a Torino per qualche giorno, lo scrittore vive un’esperienza di straniamento. Guarda i suoi parenti e la sua città, moderna, inserita nel flusso della storia e dell’economia, con occhi diversi e distanti. La permanenza a Gagliano lo ha cambiato nel profondo. E così, sarà con molta malinconia che, qualche tempo dopo, e in anticipo di due anni, lascerà il paese e il confino, nel rammarico dei contadini. Il romanzo si conclude con un viaggio in treno sotto nuovi cieli e nuove inquietudini.
Cristo si è fermato a Eboli: analisi dell’ambiente e del paesaggio
Carlo Levi è stato anche un pittore e anche la sua scrittura lo dimostra. Il paesaggio con le sue forme e i suoi colori rivestono un ruolo molto importante nel romanzo. Suggeriscono stati d’animo e riflessioni, sono premessa indispensabile per l’ analisi sociologica che poi l’autore innesta. Aliano/Gagliano emerge dal bianco e dal nero. Il bianco assoluto e accecante delle argille, aride e desolate come un deserto. Il nero delle mosche a grappoli, delle case fuligginose, delle donne. Si tratta di un paesaggio monotono e tetro, ma capace di attrarre con forza l’attenzione del confinato, grandioso nei suoi burroni e nella sua arsura senza sconti. È inoltre una geografia emozionale plasmata dagli occhi dello scrittore e dalle sue impressioni, dai ricordi rievocati sulla pagina scritta.

La noia che il protagonista paventa viene dalla solitudine di una terra senz’alberi, ma anche dall’apatia della gente che vi abita. È uno stato d’animo ed è un luogo, un sentimento e una topografia precisa. La piazza che raccoglie nella prima sera i paesani di ritorno dal lavoro è proprio il fulcro di questa passività rassegnata, senza speranze.
Orrore e bellezza
Carlo Levi nelle prime pagine del romanzo passa in rassegna numerosi paesini lucani e la Val d’Agri. Un colpo d’occhio, poche parole per ciascuno, brevi tocchi di pennello e vien fuori un vero e proprio atlante della marginalità. Orrida e incantata. Le descrizioni e le sensazioni dell’autore, a tutta prima, sembrano respingere questi luoghi. Eppure non si coglie mai un rifiuto. Piuttosto serpeggia, dall’inizio alla fine, un continuo stupore che parla la lingua dello spavento e della bellezza. Lo si legge per esempio nel panorama che gli appare dalla porta finestra di un palazzo nobiliare in rovina:
“Spalancai una porta finestra, mi affacciai a un balcone, dalla pericolante ringhiera settecentesca di ferro, e, venendo dall’ombra dell’interno, quasi accecato dall’improvviso biancore abbagliante. Sotto di me c’era il burrone; davanti, senza che nulla si frapponesse allo sguardo, l’infinita distesa delle argille aride, senza un segno di vita umana, ondulanti nel sole a perdita d’occhio, fin dove, lontanissime, parevano sciogliersi nel cielo bianco”
Il cimitero
Luogo di elezione per Carlo Levi è tuttavia il cimitero. Quasi un locus amoenus lontano dall’orrido biancore delle argille, dove finalmente c’è posto per un roseto e un paio di cipressi. In una fossa vuota da cui può osservare un ritaglio di cielo nella frescura e nel silenzio, lo scrittore trova la sua libertà perduta. È il luogo meno triste del paese ed è lontano dagli occhi dei curiosi e dalla confusione degli animali per le strade. Decide perciò di farne il soggetto del suo primo dipinto in paese. E – fuori dal romanzo – il luogo della propria sepoltura.
Aliano oggi, città legata alla memoria di Carlo Levi
Conclusioni mon amour
Cristo si è fermato a Eboli è analisi della provincia dimenticata e abbandonata. Analisi della marginalità. Lo abbiamo amato ancor più perché amiamo i luoghi che racconta. E come li racconta.
E oggi?
Cristo si è fermato a Eboli, ma Aliano non si è fermata. Si offre a un turismo di qualità raccontandosi attraverso le parole e lo sguardo di Carlo Levi a cui ha dedicato il Parco Letterario e molte iniziative culturali. Tutta la città è intrisa infatti del ricordo dello scrittore. Dalla biblioteca alla videoteca, dalla raccolta dei documenti all’organizzazione di convegni, dibattiti premi letterari. La marginalità è diventata un punto di forza. Il paese è parte di un circuito che lega diversi paesi lucani a poeti e intellettuali che li hanno vissuti e interpretati.
Oggi i calanchi, le “argille deserte” sono al centro di un crescente interesse da parte dei visitatori. È possibile percorrerle attraverso 5 cammini con difficoltà differenti e cercare gli orrori e le meraviglie che furono di Carlo Levi. Stupirsi di fronte agli scorci panoramici, agli strapiombi. Ad Aliano, inoltre, si può visitare la casa dello scrittore e la sua tomba, la pinacoteca e il museo della civiltà contadina. Sarà naturale cercare nei vicoli se restano ancora le crepe e le finestre rotte. Chiedersi quanto la città sia cresciuta. Quanto sia stata addomesticata nel frattempo. E sperare di trovare nel piccolo cimitero la traccia della breve felicità che consolò lo scrittore nel buio del suo confino.
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