La Casa Museo della Cola Cola di Gravina in Puglia (Ba) è un piccolo mondo colorato che si apre di fronte alla Cattedrale. Cinque stanzette in cima a una ripida scala. Una fresca penombra. Tutto sembra parlare la lingua del primo Novecento. Dalle fotografie in bianco e nero, ai mobili di legno scuro, dagli attrezzi di un tempo lontano ai pavimenti decorati a fiori. La seconda camera è il paese dei balocchi, il cuore del Museo, con scaffali che traboccano di terrecotte bizzarre e smaglianti.
Vi riconosci i tradizionali fischietti della zona, la Cola Cola o, come dicono qui, la coula coula. Per la maggior parte hanno forma di uccelli e un suono bitonale tanto più acuto (e assordante!) quanto più sono piccoli. Ma ci sono anche lumachine e campanelle, alberi e candelabri con pendenti, animali compositi che sembrano usciti da un bestiario medievale complesso e colorato. È il colore, infatti, che la fa da padrona con le sue strisce sature sul fondo bianchissimo.

La nostra attrazione per le tradizioni di provincia e per l’artigianato locale ci ha portato a visitare questo piccolo museo situato in uno dei punti più belli della città in cui abitiamo. Avevamo voglia di conoscere da vicino come nasce il fischietto tradizionale gravinese. Perciò vincendo la timidezza di fondo abbiamo rivolto alcune domande a Michele e Marco, rispettivamente zio e nipote. Entrambi, con tanta passione e perizia, continuano a plasmare fischietti e terrecotte così come facevano i loro zii, i fratelli Loglisci, Beniamino e Vincenzo. Proprio loro abitavano e lavoravano nella casa che oggi è un museo e un laboratorio.
La Casa Museo della Cola Cola: la visita guidata
La visita della Casa Museo ci porta indietro nel tempo. Il soggiorno, il tinello, la camera da letto e la cucina oggi laboratorio, sono ancora quelli di una volta, con i loro soprammobili. Ma su tutto trabocca la bizzarra vivacità dei fischietti. Ci sono quelli nuovi, freschi di produzione e ci sono quelli storici che risalgono a più di un secolo fa. Quando, in tempi di guerra e povertà, il fischietto era l’unico gioco che i bambini potevano permettersi e con il quale imitavano il verso degli uccelli.
Marco ci racconta come nascono i fischietti e ci illustra tutte le più strambe varianti I fischietti a forma di cuculo sono i più numerosi. Ma ci sono anche mucche, cervi, chiocciole e un bestiario fantastico che sembra saltato fuori da un libro di magia La seconda sala del museo ha carattere espositivo. Dagli scaffali bizzarre creature colorate ci osservano
Marco ne illustra i pezzi più pregiati o più particolari. Come l’enorme Cola Cola che si donava ai fidanzati al momento della promessa di matrimonio tutto pieno di pennacchi colorati. O la giostrina con gli animaletti in circolo che si appendeva sulle culle dei neonati. Di alcuni non è neppure possibile capire che cosa rappresentino o a che cosa servissero. Sono semplicemente stranezze che i vecchi maestri artigiani hanno realizzato, forse per divertimento, forse per dar sfogo alla fantasia o alla loro inesauribile creatività. In ogni caso, ciò che colpisce è l’abbondanza. Gli scaffali scoppiano di creaturine colorate, ora buffe, ora maliziose.
E il visitatore non può che osservarle una ad una perché, nonostante siano perfettamente in armonia tra loro, sono davvero tutte diverse.
La Casa Museo della Cola Cola: incontri e dialoghi
Nell’angolo più tranquillo della casa, Michele è seduto al suo banchetto. Davanti a lui terrecotte abbozzate, in fila. Si riconosce la forma affusolata che diventerà presto una Cola Cola, ma non ci sono ancora i colori, mancano le rifiniture. Ci colpisce la pacatezza dello sguardo, la delicatezza con cui maneggia una piccola spatola. Il suo laboratorio era un tempo una cucina, luminosissima. Oggi vi trovi la sua postazione e un grande presepe. Avevamo alcune domande da rivolgergli. Marco occupato con un gruppetto di turisti ci raggiungerà dopo.
Michele plasma con dita e spatoline i nuovi cola cola. Li vediamo ancora abbozzati e senza colore …eccoli pronti nelle loro mille forme
Che cos’è la Cola Cola? Esiste davvero?
Ci siamo sempre chiesti se questo uccello colorato così popolare a Gravina fosse una creatura fantastica o una specie vivente.
“Esiste, sì, è un cuculo. Colorato. Difficile da vedere perché è molto timido” dice Michele che non ha dubbi. E infatti il suono di questo fischietto è proprio il cucù. Specificarlo è importante perché a molti sembra un galletto con la cresta rossa azzimata e il becco impertinente. All’ingresso della città se ne trova una scultura gigantesca in vetro resina, omaggio ai fratelli Loglisci e all’importante tradizione dell’uccellino in terracotta, ormai simbolo della città.
Michele, da quanto tempo svolge questa attività?
A Michele piace raccontarlo, si vede oltre il velo della timidezza: “Ho iniziato quando ero bambino. Fino a 11 anni ho aiutato i miei zii. Poi per tantissimo tempo ho smesso. Sono tornato a fare questo mestiere quando i miei zii erano anziani. Loro sono poi venuti a mancare io ho raccolto la loro tradizione. Il Museo invece è nato da tre – quattro anni. Avevamo voglia di far vedere come si fa la Cola Cola”.
Nel Museo si respira aria di famiglia. E la famiglia è fondamentale, Marco nel corso della visita guidata lo ha ripetuto più volte. Ci tiene a sottolineare come la Cola Cola sia nel DNA dei Loglisci. Prima ancora dei fratelli Vincenzo e Beniamino c’era infatti il loro padre Giuseppe e ancora prima il nonno Vincenzo. Tutti dediti alla creazione dei fischietti. Marco e Michele sono rispettivamente la quinta e la quarta generazione di maestri della Cola Cola. Lo sentono come una missione di cui vanno orgogliosi.
Quanto tempo ci vuole per plasmare una cola cola?
“Un’ora e mezzo circa. Poi dipende dai pezzi. La Cola Cola nella sua forma più tradizionale si fa creando due coni e poi la base. Il resto viene dopo. Nelle parole di Michele sembra tutto facile, ma ci vuole molta abilità e anche tanta fantasia se guardiamo alle infinite varianti sugli scaffali. Marco nel corso della visita guidata ci ha spiegato che le fornaci sono in terrazza, interdette al pubblico per motivi di sicurezza. Lì vi si cuociono moltissimi pezzi contemporaneamente. Le creazioni più grandi richiedono però tempi più lunghi. I pezzi piccoli invece devono essere tolti in fretta dal fuoco per evitare pericolose esplosioni.
Avete molti visitatori? Da dove vengono?
“Da un anno e mezzo sono diventati davvero molti. Italiani e stranieri. Gli stranieri vengono soprattutto tra settembre e ottobre. La nostra associazione è riuscita a portare qui una numerosissima delegazione da Israele: è il nostro orgoglio” . E l’orgoglio glielo si legge in volto a Michele. Dimostra che un prodotto locale può interessare e coinvolgere circuiti internazionali. Che gli orizzonti, anche di una realtà provinciale, sono sempre più ampi.
Avete intenzione di continuare la tradizione insegnando la vostra arte ai vostri figli/nipoti?
“Certo” , “Magari” né Michele, né Marco hanno dubbi. “La nostra famiglia non deve perdere questa ricchezza” Marco che intanto si è unito a noi si illumina. “L’associazione Laboratorio della Cola Cola, poi, è nata proprio con l’intento di far conoscere la nostra arte di famiglia e di conservarla.”
La camera da letto è originale, un tuffo nel primo Novecento. Ci ricorda la casa dei nostri nonni Nostalgia che viene dagli oggetti, soprammobili e vecchie foto in cornice. La finestra si spalanca sulla gravina La toilettes del primo Novecento non poteva fare a meno di catino e brocca di ceramica, pitale e braciere contro il freddo
Avete mai organizzato dei laboratori aperti al pubblico? Magari alle giovani generazioni?
“In passato è venuto un gruppo di mamme con i loro bambini e hanno provato a plasmare qualcosa con la terracotta. Ma dei laboratori veri e propri potranno partire solo se ci consentono di utilizzare i locali del monastero annesso a questa casa. È un labirinto, grandissimo. Un tempo c’erano le suore, poi sotto il fascismo fu confiscato. Il Comune dovrebbe iniziare un’opera di restauro e di messa in sicurezza. A quel punto si potrebbe utilizzarlo per progetti con scolaresche a cui insegnare come nasce una Cola Cola”. I bambini da queste parti la conoscono bene. Imparare a fischiarvi dentro è una conquista.
Pavimento tradizionale in ceramica fiorita. Nelle case del primo Novecento ogni stanza aveva un pavimento decorato con fiori diversi
Vi sentite più artigiani o artisti?
Michele e Marco sorridono, nicchiano, si guardano. “Non lo sappiamo nemmeno noi” è la risposta che danno quasi all’unisono. Poi Marco aggiunge: “Certe volte siamo artisti, certe altre artigiani, maestri … un po’ tutto in verità” . E noi lo confermiamo. Perché per poter continuare un lavoro così in una società che corre ci vuole l’estro degli artisti. La pazienza e la cura degli artigiani. Ma anche e soprattutto la vocazione a trasmettere agli altri la bellezza delle tradizioni. Come solo i maestri possono fare. E su questa considerazione ci congediamo da loro.

La Casa Museo della Cola Cola: orari e tariffe
La Casa Museo è al momento aperta tutti i giorni dalle 9.00 alle 18.00. Ma è sempre bene dare uno sguardo al loro sito internet o alle pagine social (sono presenti su Instagram e Facebook) dove potrete trovare anche tante altre informazioni utili. L’ingresso è libero ma si può lasciare un’offerta e si possono acquistare fischietti e altre terrecotte direttamente nel Museo oppure all’ingresso. I prezzi variano a seconda delle dimensioni (da 8 euro a 12 circa quelli nelle misure standard, più diffuse). Noi abbiamo comprato una tradizionale Cola Cola ma in una variante con colori più tenui e una bellissima campanella.

Conclusioni Mon Amour
La Cola Cola è molto più che un souvenir da Gravina in Puglia (se ve lo siete perso leggete il nostro articolo sulla città di Gravina). È l’esempio di una tradizione che oltrepassa le generazioni. Un simbolo che viene dal passato e dalla famiglia. Ha in sé la nostalgia per i tempi andati e uno slancio verso il futuro (bisogna continuare, la Cola Cola non deve estinguersi).
E così è La Casa Museo della Cola Cola. Da un lato ci offre il bianco e nero delle foto e la malinconia per chi c’era e non c’è più. Dall’altro l’esplosione dei colori sugli scaffali ricolmi che racconta il presente nell’entusiasmo di Marco e Michele. Il sentimento di provincia, la resistenza della cultura di provincia in tutta la sua ricchezza nasce da qui. Non è stato semplice visitare un museo di oggetti così delicati con due bambini piccoli. Ma la meraviglia negli occhi di entrambi è stata un nostro piccolo successo.
Il sentimento di provincia è trovare la meraviglia nelle piccole cose del quotidiano
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