Appia di Paolo Rumiz
Appia è la madre di tutte le vie. Sorta per volere di Appio Claudio Cieco nel 312 a. C., si presenta come una linea ostinata. Attraversa il Sud della penisola dal Sannio all’Apulia, da Roma a Brindisi. Una strada oggi umiliata dall’incuria, assediata dal cemento e dalle recinzioni, costellata di tesori reietti. Gioielli di un’archeologia sentita come un peso e non come un valore.
L’Appia era la strada delle strade, la regina. E nel 2015 Paolo Rumiz, giornalista, scrittore e camminatore eccellente, ha deciso di ritrovarla e percorrerla. Un anno dopo ne ha raccontato l’impresa. È un viaggiatore inquieto e curioso Rumiz, un viaggiatore allenato a frugare negli angoli, nella storia, nei dilemmi, nelle lacerazioni dei luoghi. E da anni, ormai, documenta su la Repubblica i suoi viaggi non convenzionali, in bicicletta o su treni storici, bus e autostop. Oppure a piedi come in questo caso.

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Abbiamo letto Appia a grandi sorsate, come per un’immersione senza boccaglio. Calandoci nelle sue acque turbinose e ogni tanto riemergendo per riprendere fiato. Questo libro, infatti, non è il racconto edulcorato di una lunga passeggiata tra paesaggi ameni, non è un pellegrinaggio religioso né il resoconto di un viaggio in solitaria alla riscoperta di sé. Spesso è denuncia, indignazione, spaccato antropologico, aneddoto gustoso ma corrosivo. Talvolta è malinconica rassegnazione, quasi sempre struggente dichiarazione d’amore per i luoghi attraversati. Per noi è stato un passaggio, non senza scossoni, nella provincia imbruttita dalla cattiva politica e dalla modernità. Perciò abbiamo deciso di raccontarvelo. Perché la provincia è spesso bellezza dimenticata e terra di impunita corruzione.
Scheda
Titolo: Appia
Autore: Paolo Rumiz
Casa Editrice: Feltrinelli
Collana: I Narratori
Anno: 2016
Pagine: 384
Prezzo: 12,00 £
Appia di Paolo Rumiz: l’argomento
La strada
Proprio come il poeta Orazio nella V satira o come l’archeologo Antonio Cederna a cui questo libro è dedicato, Paolo Rumiz ha cercato ciò che resta dell’Appia, l’ha percorsa e raccontata. Nella tarda primavera del 2015 in compagnia di Riccardo Carnovalini, Alessandro Scillitani e Irene Zambron è partito da Roma a piedi. Il lettore si trova di fronte alle avventure di una combriccola capace di resistenza fisica e di spudorata goliardia. Il gruppetto ha seguito la linea perfetta dell’Appia sfidando recinzioni e tangenziali, attraversando parchi archeologici semideserti e ricchezze spesso disprezzate. Ventinove giorni d’avventura e di incontri (alcuni eccellenti!), di fitti dialoghi, di scambi. In un’altalena di umori dettati dalla strada con i suoi tesori ed i suoi orrori, con la sua umanità variopinta, a volte generosa, a volte gretta e arrogante.
Le città
L’Appia è fatta anche di città. Da Roma a Brindisi l’autore attraversa una teoria di paesi dal glorioso passato e controversa modernità. Ciascuna di esse ha il suo carattere, i suoi colori, un’impronta che il narratore restituisce con una patina di malinconia. Tutte sono accomunate dalla marginalità rispetto a Roma, la Capitale che fagocita ogni risorsa (finanziamenti, interessi, ricerche). Terracina, Maddaloni, Venosa, Gravina, Oria e molte altre. Mezza Italia sfila sotto gli occhi del lettore, tra statue di Padre Pio e pale eoliche, e sembra proprio di viaggiare fra gli uomini e i popoli. Per tappe che sono anche bozzetti di vita quotidiana, pasto condiviso e meritato, riflessione. Fra parchi archeologi a cielo aperto e discariche che puzzano di mafia.
La città di Gravina in Puglia era toccata dalla via Appia. Ma la strada qui è scomparsa, inghiottita dal tempo e dall’incuria Rumiz si scaglia spesso contro le statue d Padre Pio che sembrano aver omologato la devozione popolare. Qui però sopravvive un’edicola con madonnina.
Appia di Paolo Rumiz: la struttura e il tone of voice
Il racconto si articola in tre grandi sezioni: la prima comprende il tratto da Roma a Capua Vetere e si intitola La Pietra; la seconda parte da Capua Vetere a Venosa: Il Vento; la terza parte da Venosa a Brindisi: Il Grano. Le tre sezioni sono a loro volta suddivise in capitoli scanditi da efficaci titoletti. Segue un simpatico ringraziamento ( ma non vi riveliamo a chi per non toglievi la sorpresa!) e la guida dettagliata alle 29 tappe dell’Appia redatta da Riccardo Carnovalini. Subito dopo il primo viaggio, infatti, Riccardo e sua moglie si sono rimessi sulla strada per mapparla, sciogliere alcuni nodi lungo e consentire ai futuri viaggiatori di replicare l’itinerario in sicurezza. Dal sito www.feltrinellieditore.it alla sezione EXTRA è possibile scaricare sul GPS le tracce del percorso che è oggi a tutti gli effetti attivo e si unisce alla rete degli altri cammini d’Italia.
Paolo Rumiz ha una grande capacità affabulatoria. La sua Appia è un’Odissea a minore con passaggi che sono pura poesia descrittiva e richiami alla letteratura di ogni tempo, alla storia dei grandi e a quella delle masse senza nome. Si passa dalla generosa bonomia che ricorda proprio il piglio di Orazio nelle sue satire, alle impennate drammatiche, passando qui e là per un misurato paternalismo. L’indignazione per gli abusi perpetrati alla strada è sempre forte e viva mentre i paesaggi, cementificati e brulli, grandiosi e dolenti, prendono forma dalle parole. Abbiamo amato soprattutto i passi corali – come un lamento a più voci dal cuore del Mezzogiorno – e la descrizione in pochi tocchi vivaci di alcune città viste di notte o da lontano. Colte nelle loro lateralità o nella convivialità delle osterie.
Conclusioni mon amour
È stato triste terminare Appia di Paolo Rumiz. La nostra recensione vorrebbe essere un tributo a un libro bello.Come è accaduto anche per La strada dei sassi di Andrea Mattei, in questa lettura ci siamo concentrati sulla rappresentazione della provincia italiana che l’autore offre. Dai tavolini di un bar in piazza o dalle panche di una trattoria, da un balconcino in masseria o dalle sale di torbidi B&B l’autore rivolge il proprio sguardo sulle cose, ma anche sulle persone che fanno i luoghi e il mondo controverso della provincia. Non è mai indulgente con chi non coltiva la memoria.
Ci siamo interrogati su come sia possibile mettere all’angolo la bellezza per miopia, pigrizia, corruzione. E ci siamo sentiti un po’ responsabili per tutte le volte che non abbiamo onorato la storia stratificata nelle strade che percorriamo quotidianamente.
L’anfiteatro di Capua Vetere non ha nulla da invidiare al Colosseo, ma i finanziamenti sono tutti diretti alla Capitale
Ph Credit: Archivio CANVA
Consigliamo questa lettura a tutti. Perché tutti abbiamo qualcosa da imparare dalle pagine di Appia. Anche se non la percorreremo mai nella sua interezza. La linea fatale ci ha proprio sedotto. Voto: nove