Adesso che sei qui – Mariapia Veladiano: la nostra recensione.
Ci troviamo di fronte un romanzo sfumato e poetico che inizia sui bolognini di una piazza di paese. Incontriamo la protagonista della storia sul bordo di una fontana. È zia Camilla, elegante e regale come sempre, ma con indosso un cappotto di lana e una sciarpa rossa. In pieno agosto e con trenta gradi nell’aria senza vento. L’esordio del romanzo è anche l’esordio agli occhi di tutti della sua malattia: l’Alzheimer.
Siamo in un paesino vicino al Lago di Garda e all’Adige. Una comunità piccola, in cui la gente è pronta ad aiutare, ma anche a dare consigli non richiesti, giudizi alla leggera, a imporre regole e consuetudini. Benché molti si sentano in dovere di dire la propria, toccherà ad Andreina – la nipote che zia Camilla ha cresciuto come fosse una figlia – combattere quotidianamente contro il signor Alzheimer. E lo farà con la pazienza laboriosa dalla goccia che scava la pietra. Con la forza di un affetto incrollabile, senza incrinature.
Abbiamo deciso di leggere e recensire questo libro su Provincia Mon Amour perché dal 2015 la Provincia di Trento ha avviato un Progetto Alzheimer, più volte citato nel romanzo. Il progetto ha lo scopo di supportare le famiglie nell’assistenza a un loro caro affetto dalla malattia in modo che resti quanto più è possibile a casa. È questa la provincia di cui ci piace parlare e che il romanzo celebra attraverso una storia delicata e intensa.
Scheda
Titolo: Adesso che sei qui
Autore: Mariapia Veladiano
Casa Editrice: Guanda
Collana: Narratori della Fenice
Anno di pubblicazione: 2021
Pagine: 265
Prezzo: 18,00£ (edizione cartacea)

Adesso che sei qui – Mariapia Veladiano: l’argomento
Mariapia Veladiano non presenta la malattia della protagonista solo come perdita di memoria, come tragedia incombente e progressiva. Il suo romanzo è piuttosto un racconto di affetti che resistono, che contagiano e si moltiplicano. Accanto a zia Camilla troviamo l’Andreina, che è “solo una nipote” ma vale quanto dieci figli. Il legame fra le due donne è così forte che non c’è oblio che tenga: nessun plotone di sonniferi e calmanti riesce a modificarlo. Il passato, rievocato da continui flashback, ci permette di scoprire perché Andreina sia stata affidata a Camilla pur avendo un padre e una madre in vita. E ci fa capire che la maternità non è solo quella biologica. A volte è un’elezione, uno scegliersi in semplicità, come in un colpo di fulmine
Attraverso prove e tentativi Andreina si sforza di costruire per sé e per sua zia una quotidianità diversa, fatta di accorgimenti, delicate attenzioni, equilibri. La sua guerra contro l’Alzheimer è una guerra di logoramento. Faticosa? Sì. Dolorosa? Anche. Ma costellata di piccole vittorie. Di momenti spensierati e leggeri come un bagno rilassante o la cura dell’orto. Istantanee luminose che danno senso alla vita anche quando sembra impossibile. Andreina riesce a tessere attorno a sua zia una rete di donne capaci di cura e bisognose di cura a loro volta. Fra loro si stabilisce un passaggio di emozioni, uno scambio di affetti e di sguardi. Insieme diventano una grande famiglia in cui non sono i legami di sangue quelli che contano, ma la portata dell’amore.
Restiamo colpiti dal ritratto di zia Camilla da giovane, anticonformista quanto basta, libera e impeccabile. L’Alzheimer non ne offusca il fascino, non smussa l’ironia, il piglio battagliero. Una simpatia ruvida e sincera che conquista tutti. La sua forza, anche nella malattia, è nell’amore che ha saputo dare e in quello che ha ricevuto e che continua a ricevere. Il segreto è tutto lì.
I luoghi del romanzo
La casa di zia Camilla col pergolato e l’orto è un’oasi di pace nella rigogliosa campagna trentina. Sembra che qui si smorzino tutte le tempeste, tutti i dolori. Che si rimarginino le vecchie ferite e si affrontino con più forza le nuove battaglie. Intorno (e in antitesi) c’è il paese, Starniglio, e un coro di voci pettegole, giudicanti e ipocrite. Voci che si rincorrono e si moltiplicano. Fra queste ci sono i parenti di Andreina e zia Camilla, impegnati a risolvere in fretta e con efficienza il “problema” della malattia, ma di fatto incapaci di cura. La provincia con loro diventa provincialismo gretto.

Poco più lontano c’è il Lago di Garda (e le amene località di Torbole, Riva, Bardolino), dove zia Camilla portava Andreina da bambina a fare il bagno, alle Terme o semplicemente a prendere il sole. Di fatto contravvenendo alle regole non scritte della vita contadina e al codice comportamentale delle altre donne, molto meno libere di lei. E perciò malevole e invidiose. Enorme è lo scarto fra il comune sentire, espressione di uno sguardo miope e anaffettivo, e la relazione autentica e bellissima fra Camilla e Andreina.
“Poveretta.”
“E con la bella testa che ha.”
“Ma è vita sola. A casa proprio non può stare.
“Una orgogliosa come lei.”
“Anche la Regina si taglia le unghie.”
“In ricovero una come lei muore in una settimana”
“Tanto non sa neanche di stare al mondo”
“Senza figli è un bel problema”
“Certo che c’è l’Andreina”
“Ma non è sua figlia”
Io sapevo solo di volerla felice
I personaggi di Merhawit e di Naima, le assistenti amorevoli e bellissime di zia Camilla, ci raccontano di una provincia che suo malgrado (e per fortuna) ha dovuto aprirsi al mondo. Sono due donne venute da lontano, figure tragiche e forti, alle prese con la sfida dell’integrazione. Hanno un passato di orrori e sofferenza da superare e la voglia di nuovi inizi. Accoglienza e cura, anche nel loro caso, si rivelano l’unica arma possibile. L’unico linguaggio con cui costruire relazioni, spazi condivisi, nuove opportunità.
Adesso che sei qui – Mariapia Veladiano: la struttura narrativa e lo stile
Adesso che sei qui di Mariapia Veladiano si compone di 56 capitoli brevi introdotti da titoletti e intervallati da frammenti in corsivo in cui addensano pensieri, emozioni fugaci, voci rubate. Un distillato che sfugge alla trama regolare della narrazione ma che colpisce come un’improvvisa, intensa illuminazione.
Chi è il narratore? La voce narrante è Andreina che racconta dal suo punto di vista la progressione della malattia di zia Camilla. La battaglia contro il terribile tedesco, il signor Alzheimer. Ma soprattutto la paziente costruzione di una nuova forma di quotidianità con i suoi oggetti, i ritmi, le nuove abitudini. La narrazione procede a ritmo disteso, ondivago. Come un’altalena che oscilla fra i ricordi del passato e il presente. Fra vecchie e nuove ferite che la dolcezza della scrittura smussa sempre.
Se ne ricavano tanti piccoli quadretti fatti di dettagli casalinghi e di sfumature emotive. Un piccolo mondo in equilibrio dove la malinconia si mescola alla serenità di un ricordo, la felicità inconsapevole alla bellezza di un istante strappato alla lotta giornaliera.
Forte è il senso della misura che fa pensare a un sussurro. In questo romanzo non si urla mai. E non c’è tempo per le recriminazioni, anche quando sarebbero buone e giuste. A volte, lo confessiamo, si sente la mancanza di un guizzo, di una tensione a più alto voltaggio, di una nota stonata. Ma nel complesso la storia ci ha lasciato una sensazione di pace profonda, di fiducia.
Conclusioni mon amour
Adesso che sei qui – Mariapia Veladiano: la nostra recensione ci ha condotto nuovamente a Nord. In un Trentino rigoglioso e assolato. Iniziamo a sentire un po’ di nostalgia del Mezzogiorno e pensiamo di dirigerci là con le prossime letture e recensioni. In questo tempo di viaggi impossibili, però, con Mariapia Veladiano abbiamo soprattutto viaggiato nel profondo. Fra le intermittenze della memoria, nelle plaghe misteriose del cuore umano: vi sembra poco?
Conoscevamo già la scrittrice e già ci aveva colpito per l’attenzione ai mezzi toni e per la grande capacità introspettiva. Qui ci è mancato soltanto qualche graffio. Una sbavatura. Un affondo un po’ più doloroso nel rapporto fra Andreina e la sua mamma biologica, nella ferita dell’abbandono. Nel campo sereno della narrazione è come se si cercasse volutamente di appiattire, smussare, allungare ogni più vivo dispiacere.
Consigliamo questo romanzo a chi vive quotidianamente l’esperienza difficile della cura. A chi ama le storie che danno spazio ai chiaroscuri più delicati e alla fiducia nell’amore. Per chi ha bisogno di una carezza.
Voto: otto
