Un week end a Campomaggiore città dell’Utopia. Lo abbiamo vissuto siamo giunti per caso. Avremmo dovuto trascorrere un ponte lungo a Castelmezzano e Pietrapertosa sulle Piccole Dolomiti Lucane ma tutti gli alloggi che ci piacevano erano già occupati e noi, come sempre in ritardo con le prenotazioni, abbiamo dovuto improvvisare. E abbiamo ripiegato per un piccolo paese non troppo lontano dalla nostra meta, che prometteva un B&B con vista panoramica, giardino fiorito e qualche giostrina. Ci sembrava adatto ai bambini. E così, tornante dopo tornante, abbiamo raggiunto Campomaggiore, un grappolo di case circondato da cespi di ginestre in piena fioritura. Il paese più piccolo della Basilicata.
Le Piccole Dolomiti Lucane I tetti spioventi di Campomaggiore
In questo articolo vi raccontiamo tutto ciò che abbiamo scoperto. E cioè una storia curiosa – affascinante e tragica al contempo – un paese fantasma a pochi chilometri dal centro moderno, uno spettacolo evocativo e magico che si replica ogni agosto. E che sicuramente quest’anno, emergenza COVID permettendo, ci regaleremo.
Alloggiare a Campomaggiore: Villa Testa
A 808 mt sul livello del mare con il profilo delle montagne tutt’intorno e la sagoma degli altri paesini arroccati sulla cima degli alti speroni di roccia (quale sarà Pietrapertosa? ci domandavamo sotto le raffiche impetuose del maestrale) abbiamo trovato Villa Testa, il B&B prenotato al volo.
Rose, farfalle e gattini. Un gallo in lontananza col suo chicchirichì intermittente. Il profumo di legna bruciata e di foglie. La quiete profonda dei piccoli paesi. Questa la prima impressione, ma non avevamo molto altro. E ci aspettavano Castelmezzano, Pietrapertosa, e con un po’ di coraggio, anche il Volo dell’angelo. Una trasvolata fra i due borghi lungo un binario aereo e legati solo a un’imbracatura.
La proprietaria, una signora elegante e molto gentile che nei tre giorni di permanenza ci avrebbe coccolato con le sue colazioni traboccanti, lo ha capito. Che non avevamo intenzione di perder tempo a Campomaggiore. Così ci ha inondato materiale informativo. Guide del paesino, orari del museo, storia del borgo, fotografie meravigliose. Ed è stata una fortuna.
Ci è venuta voglia di iniziare l’esplorazione del borgo rimandando di un giorno intero la visita a tutto il resto. Sarebbe stato la prima delle tante variazioni sulla nostra tabella di marcia. Improvvisazioni di cui non ci siamo mai pentiti e che ci hanno permesso l’immersione a capofitto nella schiva bellezza di Campomaggiore e nella sua storia.

Campomaggiore Vecchio, città dell’Utopia ieri …
All’inizio c’era solo un feudo, terre in stato di abbandono. Poi arrivarono i Rendina. Carlo Rendina nel XVIII secolo ottenne dal re Filippo IV il feudo e il titolo di conte a patto che ripopolasse il luogo. Sarà poi suo nipote, Teodoro Rendina, feudatario illuminato ad affidare un progetto di ristrutturazione del paese all’architetto Giovanni Patturelli, discepolo del noto Vanvitelli. Nacque negli ultimi anni del Settecento un paese dalla pianta ortogonale, con le strade disposte a scacchiera che confluivano nel centro rappresentato dal Palazzo Baronale e dalla Chiesa di Maria SS. del Carmelo.
Chiunque accettasse di abitare a Campomaggiore avrebbe ricevuto una casa e un lotto di terra. La terra fu inoltre riempita di viti e di ulivi di provenienza pugliese. L’idea di Teodoro Rendina era di rendere la vita in paese quanto più operosa, tranquilla e lontana dalla povertà. Di qui la bellissima etichetta di Paese dell’Utopia. Paese nato da una visione, da un progetto, dalla modernità. Era infatti un luogo d’avanguardia perché fra i primi a disporre di una fermata della ferrovia, di una grande fontana usata come lavabo, di un cimitero, di un orto botanico.
Ma la natura è matrigna. Non ci è nuovo. Il 10 Febbraio 1885 un’enorme frana distrusse l’intero paese. Non ci furono vittime ma la popolazione fu costretta a spostarsi a pochi Km dal centro originario e 400 mt più su. Dove sorge Campomaggiore Nuovo. Con le strade ancora una volta disposte a scacchiera e la Chiesa centrale che fronteggia il Palazzo Comunale così come un tempo fronteggiava il Palazzo baronale. Dell’Utopia restano ancora le coltivazioni di viti e ulivi e la vocazione agricola.
Campomaggiore vecchio, Città dell’Utopia oggi …
I paesi fantasma sono un ricettacolo di malinconia e silenzio, incutono rispetto. Campomggiore Vecchio è oggi un cumulo di rovine assediate dalla vegetazione spontanea, ultimo baluardo dell’antica Utopia, sogno mancato. Si staglia ai piedi delle colline boscose ciò che resta del Palazzo Baronale e della Chiesa col suo campanile. E persino la traccia delle case in fila così come progettate dall’architetto Patturelli. Uno scenario romantico fatto di ruderi ed erbe assedianti. Tutto sembra precluso e abbandonato per la maggior parte dell’anno. Tranne che ad Agosto.
Ad Agosto, ogni estate, nei fine settimana il borgo distrutto riprende vita in uno spettacolo che crediamo affascinante e che ci è dispiaciuto aver mancato. Danze aeree, luci, acrobazie e la narrazione sottoforma di fiaba della storia affascinante del paese. Un dialogo fra fantasmi leggeri, una narrazione struggente condotta dagli attori sotto gli occhi di un pubblico generoso. Il giusto riconoscimento al progetto affascinante e interrotto di Teodoro Rendina. Ci siamo ripromessi di parteciparvi di persona quest’anno, perché un depliant e qualche video non possono di certo bastare.Campomaggiore Nuovo e le case gialle in fila
Campomaggiore nuovo e le case basse in fila
Dai paesini di montagna ci si aspetta un gomitolo di vicoli attorcigliati, l’irregolare saliscendi delle scale e delle stradine. Qui, invece, nelle vie principali ritroviamo l’impianto ortogonale che era proprio anche del vecchio paese. E ti si spalanca davanti agli occhi lo spettacolo di una teoria di case colorate in fila lungo le strade del centro con un paio di bambini che giocavano a lanciarsi la palla da un balcone all’altro. Non puoi perderti, anche perché il paese è molto piccolo.
Non sottovalutatelo troppo Campomaggiore Nuovo, però. Come abbiamo capito subito imbattendoci spontaneamente in diverse sculture qui e là, l’arte è di casa. E faceva uno strano effetto passeggiare tra le figure di pietra nel silenzio perfetto di un pomeriggio in cui tutto e tutti sembravano immersi in un sonno tranquillo.

Il museo
Fra il 1997 e il 2002 si sono tenuti qui tre simposi di scultura nel corso dei quali diversi artisti italiani hanno realizzato delle sculture moderne, adesso sparpagliate per il paese, che esercitano un strano fascino sul visitatore di passaggio. Fra queste spicca il “Tango con luna” e “La Famiglia” di Cesare Riva in ricordo del celebre ballerino argentino Ànguel Miguel Zotto che aveva origini lucane poiché i suoi genitori erano di Campomaggiore.
Un po’ straniante appare anche il Museo dell’Utopia dove, tra sale modernissime e tecnologie multimediali, si racconta la storia della città e il sogno sfortunato di Teodoro Rendina. Fra installazioni ed effetti speciali, il luogo si presenta ad alto impatto emozionale e poi ricostruisce le vicende Campo Maggiore Vecchio sostituendone di fatto la visita nei mesi in cui non vi si può accedere per davvero.
Ma di questo paese ci portiamo soprattutto il ricordo dei roseti che incorniciavano le case. I panorami improvvisi, terrazze percorse dal vento, sguardi pieni di verde sino a scoppiare. E le campane della chiesa a scandire il sabato pomeriggio.
Campomaggiore a tavola
Alternative non ce ne erano, bisogna dirlo. Nei tre giorni di permanenza a Campomaggiore abbiamo cenato all’Ippoturismo La fattoria del conte, un ristorante – pizzeria alle porte del paese che sembrava fermo nella storia. L’esterno aveva l’aspetto arruffato di un maneggio ma dipinti di colori accesi, l’interno mostrava l’arredamento di certe sale degli anni Novanta con le pareti nei toni dell’arancione e del salmone e le sedie dalle spalliere arrotondate.
Ci siamo sentiti a casa, accolti e coccolati da una cucina che non ha lesinato saporiti salumi, formaggi, verdure e ottima carne. Ampie vetrate promettevano un panorama interessante e ci è dispiaciuto non averlo visto di giorno. Cucina di provincia? Decisamente sì, come piace a noi: tradizionale e abbondante. Qualche visitatore di passaggio come noi c’era, ma perlopiù i commensali erano dei dintorni, perciò non avevamo la sensazione di essere turisti fra turisti, ma ospiti.
Conclusioni mon amour
Ci piace nelle nostre conclusioni, tirando le somme, rivolgere un pensiero alla vita di provincia. È lo scopo del nostro progetto (volete saperne di più? leggete qui).
A Campomaggiore città dell’Utopia, nel giorno del nostro arrivo, abbiamo incontrato una ragazza bionda. Aveva un cagnolino al guinzaglio e l’aria svagata di chi vuol godersi un po’ l’aria buona. Le abbiamo chiesto qualche informazione sugli orari di apertura di un parco in cui si intravedevano delle giostre. E lei ci ha raccontato di non essere originaria del posto, ma di essersi trasferita qui da qualche tempo perché a Campomaggiore si vive bene. E sorrideva, sembrava davvero felice della sua scelta. Ci ha regalato un pezzetto della sua storia e ci ha colpito. Perché vuol dire che un po’ dell’Utopia dei Rendina è rimasta. Perché non sempre dai piccoli borghi del Mezzogiorno si fugge. Talvolta qualcuno ci arriva e si ferma.
A molti la vita di paese sta stretta. Eppure il week end a Campomaggiore, il più piccolo paese della Basilicata, con i suoi panorami e i suoi silenzi ci ha trasmesso un senso di leggerezza e di libertà profonda.
